Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)

CAMBIARE SENZA PIÙ ALIBI

- Di Gigi Copiello

Siamo stati buoni ed in silenzio. Fin troppo. Ma adesso evitiamo il chiasso. Ho sentito gli strilli di un dirigente di un’importante organizzaz­ione del commercio che, mi risulta, è «esente da ticket» come un poveraccio qualsiasi: sarà un mio difetto, ma mi ha dato fastidio.

Il chiasso va evitato, perché ripartire e ricostruir­e sarà difficile. Molto. E più che chiacchier­e e proclami, serviranno scienza e coscienza. Coscienza che i problemi da risolvere oggi sono gli stessi che non abbiamo risolto ieri. Se ne sono aggiunti di nuovi, ma il grosso è un’eredità. Prendiamo un caso: il trasporto collettivo ha preso una bella botta. Collettivo non vuol dire pubblico, in questo caso. Abbiamo letto di cinquanta navi da crociera, con centomila turisti, ferme nei mari e oceani del mondo perché impedite ad attraccare in un porto qualsiasi. E abbiamo visto gigantesch­i parcheggi di aerei fermi a terra.

Se non saranno le disposizio­ni dei governi, saranno le cautele degli utenti ad evitare gli affollamen­ti su navi, aerei, treni, metrò e bus, privati o pubblici che siano. Ma, evitato un affollamen­to, rischiamo un tappo o un imbuto.

Ad esempio: nelle ore di punta, si formavano colonne di auto ferme in autostrada per uscire su Padova, Verona o Vicenza. Dove arriverann­o se si aggiunge chi lascia il treno? A tutte le ore, comunque, una corsia se non due sono occupate da camion. E basta leggere la targa: sono camion di lunga, lunghissim­a percorrenz­a, da e verso Est e Nord. Facciamo allora una quarta corsia o la tangenzial­e padana (ossia la quarta e anche la quinta corsia)? Oppure portiamo le merci di lunga percorrenz­a su ferro, rotaia, treno? Ecco: in eredità abbiamo cassetti pieni di progetti per fare altre corsie su gomma, poco o nulla per le merci su ferro. Una eredità ben diversa da quella che svizzeri e austriaci hanno realizzato da anni. Ecco un caso, pare evidente, di come un nuovo problema s’aggiunga ai vecchi, mai risolti. Ma, per farci coraggio, si può anche pensare che il nuovo problema risolva quello vecchio. Una decina d’anni fa, a Vicenza e provincia, si tentò e ritentò di differenzi­are gli orari di entrata e di uscita delle scuole superiori. L’azienda (pubblica) dei trasporti spiegava che così facendo dimezzava il numero di corriere impegnate nel trasporto scolastico. Sembrava una proposta di buon senso: diluire 50 pullman di studenti che arrivavano in strade già affollate di auto di chi va al lavoro, ferme in colonna e bloccate agli incroci. L’azienda (pubblica) dei trasporti avrebbe anche risparmiat­o uomini e mezzi: qualche milione di euro, per anno. Niente da fare e nulla di fatto. A settembre 2020 la riapertura delle scuole avverrà in ogni caso con orari differenzi­ati per evitare ogni assembrame­nto. E quello che non è stato risolto per anni, sarà finalmente risolto (se il diavolo non ci mette la coda…). E magari, già che ci siamo, possiamo rivedere un po’ di orari, cambiare qualche abitudine (eredità)? Ha senso un negozio aperto di primo mattino e chiuso alla sera? Ha senso arrivare e partire tutti nello stesso tempo e momento? Di sabato e domenica andiamo tutti in bici: possiamo pedalare anche nei giorni lavorativi? I problemi, in ogni caso, nuovi o vecchi che siano sono sempre problemi. L’unica cosa che cambia siamo noi: se siamo nuovi o se siamo vecchi. E questo resta il problema dei problemi.

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