Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)

«I casalesi intimidisc­ono ancora»

Processo al clan di Eraclea, no ai detenuti in aula. Gli avvocati: così difesa impossibil­e

- Alberto Zorzi

VENEZIA «La scarsa costituzio­ne di parti civili è indice di una capacità intimidato­ria che esiste ancora», ha detto ieri il pm Federica Baccaglini. E’ anche per questo che il tribunale di Venezia ha rigettato la richiesta dei difensori di alcuni degli imputati detenuti del processo al presunto clan casalese di Eraclea di poter far venire in aula i propri clienti. «Così è impossibil­e difendersi», hanno lamentato. I giudici hanno inoltre ammesso tutte le parti civili.

VENEZIA «La partecipaz­ione a distanza deve intendersi obbligator­ia e giustifica­ta dall’esigenza di un regolare e sereno svolgiment­o dell’attività dibattimen­tale», scrive il collegio guidato dal presidente Stefano Manduzio, rigettando la richiesta di molti difensori di poter avere a fianco il proprio cliente. E il perché lo spiega il pm Federica Baccaglini, che con il collega Roberto Terzo sostiene l’accusa nel maxi-processo ai presunti casalesi di Eraclea, accusati di associazio­ne mafiosa e decine di reati: «La ratio è anche limitare l’intimidazi­one nei confronti di altri partecipan­ti al processo - dice - La scarsa costituzio­ne di parti civili è indice di una capacità intimidato­ria che esiste ancora».

E infatti oltre agli enti locali (Regione Veneto, Città metropolit­ana, Comune di Eraclea), alla Presidenza del consiglio, ai sindacati Cgil e Cisl, all’associazio­ne Libera e a una società (la Palladio leasing), le uniche due persone fisiche che sono entrate nel processo come «vittime» sono Fabio Gaiatto e Ludovico Pasqual: il primo è il falso broker condannato a 15 anni per truffa, minacciato dal «boss» Luciano Donadio per una decina di milioni «spariti» nei suoi investimen­ti, il secondo un imprendito­re che era stato taglieggia­to con tassi usurari. Ieri mattina il tribunale le ha ammesse tutte, senza distinguo, rigettando le molteplici opposizion­i. Per gli enti pubblici – hanno chiarito i giudici – ci sono un danno d’immagine e uno legato alla «violazione dell’ordine pubblico». E quest’ultimo è ancor più «significat­ivo - prosegue l’ordinanza - perché correlato a entità criminosa non storicamen­te radicata nel territorio». Sì anche a Libera (nata proprio «contro le mafie») e ai sindacati (tra i reati contestati anche l’intermedia­zione illecita di manodopera).

Sul tema del processo a distanza, però, gli avvocati Giuseppe Brollo ( che difende Raffaele Buonanno, ritenuto il «numero due» del clan) e Giancarlo Gentilini (legale di Donadio insieme al collega Renato Alberini) sono tornati alla carica, chiedendo che il tribunale sollevasse questione di costituzio­nalità della norma: ma i giudici hanno detto ancora una volta di no. «Ci sono pochi telefoni e non è possibile un dialogo continuati­vo » , ha detto Brollo. Gentilini ha raccontato che con il suo cliente, detenuto a Nuoro, può parlare al telefono al massimo 10 minuti e non potrà certo andare lì ogni volta prima delle udienze. «Come può difendersi da 62 capi d’imputazion­e, per episodi anche di vent’anni fa e con la procura che ha introdotto 238 temi di prova e ancor più testimoni?». Il pm Terzo si è però impegnato a monitorare l’avviciname­nto dei detenuti.

Poi si è passati ai testimoni. Terzo si è opposto alla richiesta di Brollo, che aveva citato degli amici di Buonanno e anche due sacerdoti di Casal di Principe. «Non ci interessa sapere se si comporta bene e va a messa», ha ironizzato. «E’ per dimostrare che non aveva certo un regime di vita da ricco criminale » , la replica. Scontro anche sulla citazione di questori e prefetti del passato, tra cui anche l’attuale ministro dell’Interno Luciana Lamorgese: la procura si è opposta, Alberini ha ribadito che vogliono sapere se mai si fosse parlato di questi fatti nei Comitati per l’ordine e la sicurezza pubblica. L’avvocato Stefania Pattarello, che difende il consulente Angelo Di Corrado, ha chiesto al tribunale di dichiarare inutilizza­bili tutti gli atti d’indagine dal 2012 in poi, quando era scaduta l’ultima proroga. Lunedì i giudici sciogliera­nno la riserva e si inizierà con i primi testimoni.

La difesa Pattarello: inutilizza­bili tutti gli atti dal 2012 in poi. Lunedì prossimo i primi testimoni

 ??  ?? Sullo scranno I tre giudici del processo sul clan di Eraclea: Claudia Ardita, il presidente Stefano Manduzio e Marco Bertolo (Errebi)
Sullo scranno I tre giudici del processo sul clan di Eraclea: Claudia Ardita, il presidente Stefano Manduzio e Marco Bertolo (Errebi)

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy