Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
«Una settimana e la curva dei decessi resterà a zero»
Palù: «Le ultime vittime sono per lo più persone infettate da tempo. Significa che le cure rallentano il virus»
VENEZIA Nessun nuovo contagio ma altri sei morti. I report quotidiani che giungono dagli ospedali e dalle case di riposo del Veneto confermano l’effetto «onda lunga» dei decessi nella nostra regione: mentre il numero dei positivi sembra essersi fermato, mentre continuano ad aumentare i guariti (16.565, 48 in più nell’arco di appena 24 ore) e le terapie intensive contano appena dodici pazienti (tra l’altro quasi tutti già negativizzati), la lista delle croci piantate dal Covid 19 ha raggiunto quota 1.993.
Può sembrare strano, anche perché questi mesi di emergenza ci avevano insegnato che più il virus si diffondeva, più aumentavano le vittime. E questo spingeva a credere che la regola valesse anche al contrario: zero contagi, nessun morto. Ma non è così, visto che soltanto nell’ultima settimana il coronavirus si è portato via altre 29 vite, nella nostra regione.
In realtà ci sono delle spiegazioni scientifiche a tutto questo. «E queste spiegazioni sono le stesse che ci spingono a credere che nell’arco di pochi giorni, una settimana al massimo, anche la curva dei decessi toccherà finalmente quota zero». A dirlo è Giorgio Palù, docente emerito di Microbiologia all’università di Padova, professore associato di neuroscienze alla Temple University di Philadelphia e, da ormai qualche mese, consulente della Regione Veneto nella lotta al coronavirus. Alcuni lo indicano come il consigliere più fidato del governatore Luca Zaia.
Professore, com’è possibile che gli infettati in Veneto siano pochissimi ma si continui a morire?
«Occorrerebbe studiare le cartelle cliniche dei singoli pazienti. Però alcune considerazioni balzano all’occhio, a cominciare dal fatto che le terapie intensive ormai sono vuote e questo fa pensare che negli ultimi giorni a morire siano state, in larga parte, persone ricoverate in case di riposo o in altri reparti ospedalieri. Insomma, si tratta di uomini e donne di età molto avanzata o che soffrivano di altre patologie. E probabilmente sono state proprio queste ultime a ucciderle, non certo il fatto di aver contratto il Covid».
Ma allora perché vengono fatti rientrare nelle statistiche dei morti da coronavirus?
«Ormai si fa il tampone a tutti i ricoverati e questo, a mio avviso, ha innescato un meccanismo contrario a quello che si registrava nelle prime settimane dell’emergenza: se all’inizio è probabile che il numero dei morti di Covid fosse sottostimato, ora è altrettanto probabile che lo si stia sovrastimando, attribuendo decessi che, in realtà, non sono stati causati dal virus neppure in modo indiretto. Ma le statistiche funzionano così, e anche per la normale influenza il conteggio delle vittime non fa grosse distinzioni. Attenzione, però: questo spiega soltanto una parte dei dati di questi ultimi giorni...».
Andiamo avanti.
«Alcuni dei decessi più recenti sono quasi certamente stati provocati dal coronavirus ma si trattava di pazienti che avevano contratto la malattia diverse settimane fa, anche prima della fine del lockdown».
Una lenta agonia?
«Non proprio. Questo è un virus nuovo, e quindi all’inizio non sapevamo come affrontarlo, con il risultato che alcuni pazienti morivano nell’arco di pochi giorni. Con il passare delle settimane, però, abbiamo imparato a conoscere il nostro nemico e, pur non avendo ancora trovato una cura specifica, si è capito che alcuni farmaci possono essere più efficaci di altri nel contrastarne gli effetti. Il risultato è che, anche nei casi in cui non si riesca a interrompere il devastante decorso del Covid, si riesce comunque a rallentarlo».
E quindi alcuni dei morti che oggi piangiamo...
«...sono uomini e donne che hanno lottato contro il virus molto più a lungo di quanto, appena qualche mese fa, riuscivano a reggere gli altri contagiati. Merito delle terapie, certo. Ma alcuni di questi decessi “a distanza” purtroppo hanno dovuto fare i conti con l’andamento a volte altalenante di questo virus: abbiano notato che ci sono soggetti che stanno malissimo, poi sembrano migliorare e poi hanno ricadute improvvise, con infezioni che colpiscono perfino organi molto lontani dai polmoni».
Per questo è convinto che presto anche in Veneto si arriverà al fatidico «decessizero»?
«Certo, ciò che si vede oggi è il riflesso del contagio di alcune settimane fa. L’altro giorno, su 17mila tamponi si contava un solo positivo. Quindi, se non ci saranno colpi di scena, sarà questione di una settimana e probabilmente non si registreranno altri decessi attribuibili al coronavirus».