Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)

Adescava adolescent­i online L’accusa: condanna a 20 anni

Il pm: ha continuato anche uscito di cella. La vittima chiede 250 mila euro

- Alberto Zorzi

VENEZIA Vent’anni di carcere, una pena da omicidio, per aver adescato online e poi minacciato decine di ragazzine minorenni, a volte anche con meno di 14 anni. D’altra parte nella sua requisitor­ia il pm Elisabetta Spigarelli ha sottolinea­to, appunto, che le vittime sono state numerose – una ventina, per un totale di 31 capi d’imputazion­e –, che da parte sua non c’è mai stato alcun risarcimen­to e soprattutt­o che non merita attenuanti perché una ragazzina l’aveva «agganciata» nuovamente un anno e mezzo fa nonostante per questi fatti avesse già passato dieci mesi in carcere. Andrea Zuddas, 25enne di Fossò, rischia di trascorrer­e parecchi anni dietro le sbarre. Il gup Marta Paccagnell­a emetterà la sua sentenza il prossimo 22 luglio, ma il giovane tornerà in aula anche il 15 settembre quando ci sarà la decisione del gup Gilberto Stigliano Messuti in un processo parallelo nel quale il pm ha chiesto 10 anni.

I guai di Zuddas sono iniziati con il primo arresto di tre anni fa, ma la valanga è poi cresciuta man mano, dopo che da tutta Italia sono arrivate decine di denunce, tutte molto simili. Tra i due processi deve infatti rispondere di una cinquantin­a di vittime e un centinaio di capi d’imputazion­e: adescament­o di minore, pornografi­a minorile, violenza sessuale e diffamazio­ne. Il sistema, secondo l’accusa, sarebbe stato sempre lo stesso: il giovane avrebbe creato dei falsi profili di agenzie per modelle, con cui contattava le ragazze, chiedendo subito delle foto senza veli con la giustifica­zione che doveva valutare la loro bellezza. Da lì però iniziava la spirale di ricatti: alle ragazzine venivano infatti chieste immagini sempre più spinte, dietro la minaccia di pubblicare quelle già ricevute, fino ai casi estremi in cui è stata contestata la violenza sessuale per averle costrette a riprenders­i mentre si masturbava­no.

Proprio questo è stato il caso di una 16enne padovana, che era già stata sua vittima in passato, ma che lui sarebbe tornato a tormentare a gennaio del 2019, quando già aveva avuto la prima condanna a 2 anni e 4 mesi nel primissimo filone d’inchiesta. Le aveva ricordato di quelle vecchie foto e poi le aveva chiesto un incontro sessuale, creando un profilo Instagram in cui l’immagine del profilo era proprio una foto hard di lei. La 16enne aveva avuto la forza di andare dai genitori e di rivolgersi poi alla polizia: gli agenti avevano ricondotto quei fatti a Zuddas e a novembre era scattato il nuovo arresto in carcere su ordine del pm Luca Marini: Ora la ragazzina si è costituita parte civile con gli avvocati Serena Pecin e Pascale De Falco e ha chiesto 250 mila euro di danni.

Zuddas ha cambiato più volte avvocati e anche linea difensiva. Ora avrebbe coinvolto degli esperti informatic­i, probabilme­nte per sostenere la tesi della prima ora, quando aveva detto che la colpa era stata di un hacker che era entrato nel suo computer. Nel corso di uno dei processi era invece stata eseguita una perizia psichiatri­ca, che però l’aveva giudicato capace di intendere. La prima sentenza di condanna è già stata confermata anche in Corte d’appello, mentre nel secondo processo deve invece rispondere di ben 64 capi d’imputazion­e, oltre ai 31 del terzo. Secondo l’accusa i primi episodi risalgono addirittur­a al 2015, quando aveva appena 20 anni.

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