Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
«Via Piave, lo spaccio tornato ai vecchi livelli»
J’accuse del Gruppo di lavoro che dopo cinque anni deve lasciare il centro culturale
MESTRE L’avventura del negozio «Piave 67», polo di aggregazione e rigenerazione della zona della stazione di Mestre, si è conclusa una decina di giorni fa: dopo 5 anni di attività di quartiere, dalle cene all’aperto alle presentazioni di libri e alla scuola di italiano per stranieri, il Gruppo di lavoro via Piave cerca una nuova sede. Lo spazio sfitto sotto i portici di via Piave, che occupava in comodato d’uso, è stato affittato dalla società proprietaria a una nuova macelleria etnica che aprirà a breve. «La proprietà ci ha offerto un altro negozio, di fronte a quello precedente, per spostare mobili e arredi – spiega il presidente dell’associazione, Mario Sgobbi – e ora stiamo valutando altre opportunità. Lo scorso settembre avevamo fatto richiesta al Comune degli spazi in via Sernaglia, ma non ne abbiamo più avuto notizia». Negli anni il negozio era diventato un punto di riferimento: ospitava feste di compleanno, mostre fotografiche e di pittura, ma anche dibattiti e corsi. L’associazione, nata con appena una quindicina di membri, oggi ne conta circa 120. La battuta d’arresto è arrivata con la pandemia, ma il Gruppo di lavoro via Piave non ha intenzione di fermarsi. «Abbiamo cercato di essere una luce accesa in un quartiere complicato», aggiungono in coro i membri del dirett ivo, che denunciano il ritorno del degrado. «Nonostante le retate spettacolari degli ultimi anni, lo spaccio è tornato come nel 2018, segno che la repressione non basta: mancano operatori di strada e mediatori culturali per poter ridurre il fenomeno». I residenti caldeggiano anche una presenza maggiore delle forze dell’ordine: «Vorremmo una sede dei vigili di quartiere che rassicuri i cittadini e renda la loro attività più incisiva».
L’appello «La zona non ha bisogno solo di repressione ma di impegno»