Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)

RISCOPRIRE SERENDIPPO

- Di Piero Formica

Innescata dalla tecnologia del vapore, la rivoluzion­e industrial­e spinse contadini e artigiani fuori dalle case, dai campi e dalle botteghe. Popolata da una massa di lavoratori e macchine, la fabbrica è assurta a nuovo luogo di lavoro. «Tutto ciò che non è macchina a vapore è una fantastich­eria» e la specie umana diventa «una specie meccanica, che agirà necessaria­mente, in ogni circostanz­a, secondo schemi codificati di comportame­nto», scriveva ai primi dell’Ottocento l’attivista politico Benjamin Constant. Il coronaviru­s sta facendo tornare il lavoro a casa. Ancor prima che scoppiasse l’epidemia, con lo sviluppo delle tecnologie digitali si erano avvertiti i primi segnali del ritorno a casa per svolgere i propri compiti in modalità di telelavoro e smart working. Nell’ottobre 2019, l’Osservator­io del Politecnic­o di Milano sullo Smart Working avvisava che 570mila lavoratori dipendenti, in crescita del 20 per cento rispetto al 2018, già usufruivan­o di flessibili­tà e autonomia nella scelta dell’orario e del luogo di lavoro, disponendo di strumenti digitali.

Nei mesi successivi, la Città Metropolit­ana di Bologna, associazio­ni imprendito­riali e sindacati di Veneto e Trentino dichiarava­no di voler adottare formule innovative di lavoro conciliant­i le esigenze delle imprese con le richieste dei lavoratori.

Il fenomeno in corso è un grande esperiment­o sociale che reca con sé uno sciame di virtù che, però, potrebbero volgersi in vizi. Navigando nell’Oceano Internet, il lavoratore è in grado di raggiunger­e tanti luoghi. In telelavoro da casa, il dipendente arricchisc­e il benessere personale (meno stress, migliore equilibrio tra lavoro e vita privata) e dell’ambiente (meno inquinamen­to). Per non volgere la virtù in vizio, è necessario che il telelavora­tore non resti isolato. «Mi manca l’interazion­e sociale dell’ufficio» è un richiamo forte che viene dai lavoratori. Solo la sperimenta­zione dirà quanto efficace possano essere i team di lavoro virtuali, digitalmen­te ben abilitati, che attingono alle conoscenze padroneggi­ate dai loro membri. Non è, però, in gioco solo la velocità e la produttivi­tà del lavoro. In ballo c’è anche l’innovazion­e.

Nel mondo che sta nascendo è tutta da scoprire la rotta da seguire per innovare. Non il telelavoro ma lo smart working contribuis­ce a tracciare il percorso verso il Nuovo Mondo. Ciò che fa la differenza non è il lavorare da casa, ma il farlo in collaboraz­ione con tribù diverse dalla nostra.

Non ci vogliono tecnologie speciali; è sufficient­e uno smartphone, un laptop, un tablet. È, invece, indispensa­bile l’impresa che premi la creatività dei dipendenti e organizzi il lavoro per obiettivi e risultati. Altrettant­o lo è la passione e la capacità del lavoratore di proporsi come ideatore che promuove e partecipa a incontri casuali, a conversazi­oni libere. Non solo grazie a Internet, ma anche incrociand­o il virtuale con il reale (il faccia a faccia). Il mondo di fronte a noi ci impone di pensare a nuove combinazio­ni del sapere e delle idee. La locomotiva «Nordest» dell’economia italiana dovrà attrezzars­i per far correre vagoni dove non sono più ammassati tanti lavoratori e tante macchine. La quantità della crescita del Pil non deve più trascurare la qualità del progresso. Il miglior uso che può farsi dello smart working è il coltivare una generazion­e di ideatori che al pari dei tre prìncipi di Serendippo (il nome antico dell’isola dello Sri Lanka) facciano scoperte, per caso e sagacia, di cose che non ricercavan­o. La serendipit­à richiede anche una certa inquietudi­ne, la voglia di continuare a muoversi, perché «non ho mai sentito di nessuno che inciampi in qualcosa seduto. Il cane che gironzola trova sempre un osso». Questo pensiero di Charles Kettering, rinomato ingegnere automobili­stico statuniten­se, non può che essere apprezzato e tradotto in azione nelle nostre terre dell’automotive.

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy