Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
Vaccino contro il Covid: a Nordest non lo faranno quattro abitanti su dieci
Indagine dell’Università Cattolica: studenti e pensionati più propensi, gli altri frenati
VENEZIA Nemmeno il tempo di festeggiare «l’alleanza» per il vaccino anti-Covid 19 stretta nei giorni scorsi tra Italia, Germania, Francia e Olanda, e il contratto sottoscritto dal ministro della Salute, Roberto Speranza, con Astrazeneca, l’azienda farmaceutica lombarda che lo produrrà sulla base degli studi condotti dall’Università di Oxford, e arriva la doccia fredda. Il 42% dei residenti nel Nordest dichiara che non lo assumerà. Il dato emerge dall’indagine condotta dall’Università Cattolica, secondo la quale studenti e pensionati sono meno esitanti nei confronti della vaccinazione, mentre la fascia «produttiva» e trainante del territorio in esame, cioè gli abitanti fra 35 e 59 anni, è frenata dai dubbi. «I più esitanti sono gli operai — spiega la professoressa Guendalina Graffigna, ordinario di Psicologia dei consumi e direttore del centro di ricerca EngageMinds HUB dell’Università Cattolica — poi vengono impiegati e imprenditori. Ma a fare la difgnalano
"Guendalina Graffigna I più esitanti sono gli operai, poi vengono impiegati e imprenditori
ferenza sembra essere il lato psicologico, più che la professione: chi è fatalista nella gestione della salute e ritiene che il rischio di contagio da coronavirus Covid-19 sia fuori dal suo controllo è ancora più esitante rispetto alla possibilità di vaccinarsi. Invece chi si sente il primo responsabile della prevenzione, risulta più propenso a immunizzarsi».
L’altro parametro fondamentale nell’orientare la scelta, rivela sempre la ricerca, è la considerazione della vaccinazione come atto di responsabilità sociale. Le persone che mostrano un approccio più individualista ed egoista alla gestione della salute tendono a essere ancora più riluttanti. Al contrario, coloro che ritengono i loro comportamenti importanti per la salute collettiva sono disponibili ad abbracciare tale forma di tutela dalla malattia per se stessi e gli altri. «Questi dati sono un campanello di allarme di cui tenere conto — avverte la professoressa Graffigna — soprattutto perché senologa la necessità di iniziare sin da subito una campagna di educazione e sensibilizzazione della popolazione, fondamentale per aiutare a comprendere l’importanza di vaccinarsi contro il Covid-19». E’ d’accordo il dottor Mario Rassu, direttore del reparto di Microbiologia e Virologia dell’Usl Berica, al centro di un territorio che ha visto nascere e crescere i no vax, responsabili di una copertura vaccinale in alcune zone ancora molto bassa, sia nei bambini sia nella popolazione generale per quanto riguarda l’anti-influenzale. «Il vaccino è l’unica arma per combattere il coronavirus, dato che ancora non esistono farmaci mirati — dice Rassu —. Non abbiamo immunità pregressa perché si tratta di un virus nuovo, nei confronti del quale solo il 2% degli italiani ha sviluppato gli anticorpi protettivi, avendolo contratto in forma importante. Il restante 98% è indifeso, la sola difesa rapida è il vaccino, ma per far passar questo concetto è necessario affidarsi a un’informazione puntuale e comprensibile, in grado di contrastare un’emotività irrazionale — chiude il virologo —. O ci si affida alle competenze tecniche o se ne pagheranno le conseguenze, anche in termini di costi sociali. In questo momento deve prevalere il bene pubblico».
Ma quando sarà pronto il vaccino? «Insieme ai ministri della Salute di Germania, Francia e Olanda, ho sottoscritto un contratto con Astrazeneca per l’approvvigionamento fino a 400 milioni di dosi da destinare a tutta la popolazione europea — scrive Speranza sul suo profilo Facebook —. Il vaccino nasce dagli studi dell’Università di Oxford e coinvolgerà nella fase di sviluppo e produzione importanti realtà italiane. L’impegno prevede che il percorso di sperimentazione, già in stato avanzato, si concluda in autunno, con la distribuzione della prima tranche di dosi. Il vaccino è l’unica soluzione definitiva al Covid-19, l’unica che può farci uscire dall’emergenza. Per me andrà sempre considerato un bene pubblico globale, diritto di tutti, non privilegio di pochi». Il 18 giugno il ministro ha incontrato il management e i ricercatori della IRBM, l’azienda italiana che sta lavorando, in collaborazione con l’Universita di Oxford, alla sperimentazione.
"Mario Rassu E’ l’unica arma, ancora non esistono farmaci mirati