Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
Apre «Nüshu» riscatto e libertà nell’arte delle donne
Ventagli, ricami, diari, lenzuola nella lingua cinese inventata dalle donne. La mostra alla Domus Civica
Su un grande telo matrimoniale, di cotone grosso, realizzato a mano a Puwei, uno sperduto villaggio cinese, Hu Yanyu ha trascritto a mano il canto di una madre alla figlia, prima di darla in spos a . Lo ha s c r i t to in «Nüshu», la lingua inventata dalle donne più di tre secoli fa nella contea di Jiangyong, nella Cina centro-meridionale. Lo si può ammirare (fino al 13 luglio) dalle grandi vetrate della Domus Civica di Venezia, la casa delle studentesse, dove da un anno è nato un progetto d’arte tutto al femminile, il D3082 Women Art Venice. Non poteva che essere presentato qui Nüshu, la scrittura che liberò le donne, una piccola e preziosa immersione in un fenomeno culturale e antropologico quasi sconosciuto. E’ stato solo agli inizi degli anni ’80 che la scrittura tramandata di madre in figlia, circoscritta in quella contea cinese dello Hunan, è venuta alla luce praticamente per caso: un funzionario di partito glielo aveva fatto cenno a un giovane antropologo andato a studiare le tradizioni di alcuni gruppi etnici del luogo. Glielo aveva raccontato per curiosità. Il Nüshu non è mai stata una lingua clandestina, agli uomini semplicemente non interessava. Solo durante la Rivoluzione culturale è stata sospettata di nascondere messaggi proibiti.
Da queste parti nascere donna era considerata una maledizione. Le regole sociali ferree erano dettate dalla triplice sottomissione: subito al padre, poi al marito e infine al figlio. La scuola proibita. E’ stato così che le donne dello Jiangyong hanno cominciato a scrivere usando una variante dolce e quasi vegetale dei caratteri cinesi con cui decorare ventagli, diari, lenzuola e dando forma a una cultura di canti, scritture, ricami e storie orali.
Hu Yangyu, l’autrice del telo matrimoniale, è una delle migliori eredi di questa tradizione. Morte le ultime donne che l’avevano imparato dalle madri, ora il Nüshu è diventato un prestigioso oggetto di studio nelle accademie cinesi, mentre nei villaggi di Jiangyong si è trasformato in un’attrazione folkloristica. «Ma le donne qui non ne hanno dimenticato il valore e la bellezza e a Puwei si incontrano ancora per scrivere e ricamare assieme», ci racconta Giulia Falcini, giovane traduttrice e interprete, la più importante studiosa italiana di Nüshu cui ha dedicato anche una sorta di guida ( Il Nüshu. La scrittura che diede voce alle donne CSA Editrice, 2020). «Era uno spazio di libertà in un contesto fortemente conservatore e legato a tradizioni della Cina imperiale, come quelle che volevano le donne analfabete perché considerat e ind e gne d i r i c e ve r e un’istruzione».
Cosa si tramandavano le donne del lo J iangyong? «Niente di sovversivo – sorride – Ma erano istruzioni poetiche su come sopravvivere dopo il matrimonio. Le madri davano consigli sulla vita quotidiana, moniti, tramandavano leggende, ma soprattutto insegnavano solidarietà e comprensione reciproca fra donne». E poi, ci sono «anche dichiarazioni di amicizie eterne, contratti tra «laotong», cioè sorelle giurate, amiche scelte con cui si costruiva un legame unico e indissolubile».
Così in mostra troviamo il «Galateo delle figlie», il canto delle «Sorelle che si pettinano», le regole di obbedienza delle «Figlie d’oro», la leggenda di Meng Jiangnu, tra i più famosi poemi di devozione coniugale. E poi il «Libro del terzo giorno», un diario consegnato alla sposa, realizzato, cucito e scritto da madri e sorelle vere e giurate: metà era lasciato in bianco, perché lo continuasse la donna che lo riceveva. Giulia Falcini ha recuperato e trascritto anche il lascito di una delle ultime eredi naturali del Nüshu, che nel 2003 in piena pandemia di Sars, aveva scritto nella lingua delle donne: «Improvvisamente scoppiò un’atipica malattia, erano tutti molto spaventati, ma unirono le forze, e con determinazione sconfissero il male».
"Giulia Falcini Rappresenta uno spazio di rinascita nel contesto fortemente conservatore della Cina imperiale