Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
«L’autonomia non si scambia»
Zaia e le condizioni poste da FdI per la riforma. La Meloni attacca. Fontana: «Così alleanza a rischio»
VENEZIA Zaia chiede un impegno scritto per l’autonomia agli alleati di Fratelli d’Italia, Lollobrigida prima e soprattutto Meloni poi che lo attaccano contestando l’aut aut e soprattutto i toni all’indomani di un accordo nazionale. In cambio dell’autonomia FdI chiede l’appoggio al presidenzialismo. Le bordate sono chiuse dal monito del governatore: «L’autonomia non è merce di scambio» e dalla minaccia di Fontana: «Così vi auto escludete».
VENEZIA A leggere i sondaggi come fossero la sfera del chiaroveggente, era tutto già scritto, non poteva che finire così: nello scontro totale. E c’è il rischio che in futuro vada pure peggio, se Giorgia Meloni e i suoi Fratelli d’Italia continueranno ad accrescere i loro consensi, mentre Matteo Salvini e la Lega seguiteranno a diminuire i loro, finendo così per incrinare (ribaltare?) i rapporti di forza che parevano essersi cristallizzati nella coalizione di centrodestra dopo l’appannamento della stella di Silvio Berlusconi.
Casus belli oggi (ma di nuovi ne sorgeranno domani) è l’autonomia, scomparsa dall’intesa finale raggiunta tra i leader sui candidati da presentare alle prossime elezioni Regionali, dopo che Salvini ne aveva fatto un punto «irrinunciabile» e il governatore Luca Zaia si era esposto pubblicamente, spiegando di aver scritto lui quel «contratto», che non andava firmato solo in Veneto ma «in tutte le Regioni, visto che la Lega vuole l’autonomia da Nord a Sud». Ora, detto che l’autonomia non pare essere esattamente la prima delle preoccugli pazioni in Campania e in Puglia, la Lega si è infine risolta a pretenderla con toni ultimativi almeno in Veneto, con queste parole affidate da Zaia al Corriere: «Non esiste che al mio fianco ci siano persone che non credono nell’autonomia o abbiano anche solo il minimo dubbio. Chiederò un impegno pubblico scritto».
Nell’intervista Zaia non punta mai il dito espressamente contro i Fratelli d’Italia, che si sono sentiti comunque chiamati in causa, probabilmente per via dei distinguo del passato di Meloni, per la storica diffidenza dei leghisti verso An e i suoi eredi ed anche perché è difficile che Zaia potesse riferirsi a Forza Italia, visto che il referendum autonomista è stato celebrato solo grazie ad un’iniziativa legislativa degli azzurri in Regione.
E così Meloni ha contrattaccato: «Non capisco il comportamento della Lega e l’intervista di Zaia dopo la grande prova di unità che avevamo dato con l’indicazione unitaria dei candidati. Noi abbiamo già firmato nel 2018 un programma che prevedeva sostegno all’autonomia, come ancora prima la destra aveva fatto con la devolution. La nostra unica e permanente preoccupazione sul tema è che sia garantita l’unità nazionale, per questo abbiamo chiesto in cambio alla Lega di impegnarsi formalmente sul presidenzialismo. E vorremmo che alleati si impegnassero anche sul patto anti inciucio, perché Zaia sa bene che non siamo stati noi, ma il M5S al governo gialloverde, a impedire che l’autonomia si realizzasse».
Zaia si sorprende: «Non ho offeso nessuno e confermo tutto. Non bisogna leggere solo i titoli. Ho l’impressione che qualcuno abbia riferito a Meloni l’intervista: non può fare certe affermazioni, se l’ha letta». Il presidente chiama in causa direttamente il suo «Capitano»: «Spetta a Salvini partecipare a questi tavoli di trattativa, ognuno ha il suo ruolo. Comunque l’autonomia non ha bisogno di essere scambiata con nulla. Il presidenzialismo? Non è affar mio ma in ogni caso non sono contrario». Nella Lega è forte il sospetto che i Fratelli facciano melina («Se uno dice sì ma poi fa continui distinguo, sulle 23 materie, sulla legge delega, su tutto, dopo mille giorni... dai!» sbotta Zaia) e difatti interviene pure Lorenzo Fontana, vicesegretario federale della Lega: «Sono sconcertato dalle dichiarazioni di Meloni, una reazione scomposta. E questo episodio è solo l’ultimo di una serie di più o meno velati insulti nei con
fronti di Zaia e della Lega in Veneto. Ho sentito i coordinatori provinciali e ho registrato da parte di tutti la richiesta di far nascere un governo per il Veneto forte, coeso e che porti all’autonomia. Chi non è d’accordo, si autoesclude».
Parole che sembrerebbero confermare i sospetti dei «Fratelli» secondo cui l’autonomia sarebbe solo un pretesto della Lega per rompere l’alleanza in Veneto e correre da sola, forte del consenso di Zaia. Ignazio La Russa lo dice chiaramente: «Siamo sempre stati favorevoli all’autonomia, nel quadro della unità nazionale. Se il disegno che sta dietro le dichiarazioni di Fontana e non solo, è quello di rompere la coalizione e andare separati alle elezioni, la Lega si assume la piena responsabilità di tale grave scelta». E anche in Forza Italia si fanno largo i dubbi in proposito: «Al di là delle schermaglie, ci auguriamo che i sospetti avanzati da Meloni siano infondati. Sarebbe un gravissimo passo indietro rispetto all’unità del centrodestra che per Berlusconi e per Forza Italia è sempre stata un valore fondamentale».
Prova a mettere pace l’assessore regionale Elena Donazzan, «sorella d’Italia» che da dieci anni siede in giunta con Zaia: «La Lega non continui a chiederci ogni giorno una prova d’amore: noi siamo fidanzati seri».