Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
Virus, 4 mila infortuni sul lavoro
Sono quasi quattromila i veneti «infortunati» sul lavoro per il coronavirus. Lo dicono i dati dell’Inail, istituto nazionale per l’assicurazione degli infortuni sul lavoro, rilevati dall’inizio di gennaio alla fine di maggio. In maggioranza sono donne.
VENEZIA Sono quasi quattromila i veneti «infortunati» sul lavoro per il coronavirus. Lo dicono i dati dell’Inail, istituto nazionale per l’assicurazione degli infortuni sul lavoro, rilevati dall’inizio di gennaio alla fine di maggio. I lavoratori che sono rimasti a casa per Covid- 19 sono in grande maggioranza donne (tre casi su quattro), e quasi sempre appartenenti al mondo della sanità: in otto casi su dieci lavorano in ospedali, case di cura e assistenza residenziale come infermieri, medici o altri profili specifici. Nove, in tutto, sono i lavoratori veneti deceduti a causa del virus, il cui risarcimento Inail andrà agli eredi.
Secondo Enza Scarpa, direttrice regionale dell’istituto, e la direttrice vicentina Paola Durastante, i numeri, tutto sommato, dimostrano che gli interventi di prevenzione della diffusione in regione hanno funzionato: «Questa pandemia è troppo imprevedibile per aspettarsi qualcosa di specifico – sottolineano -. Il contenimento e controllo dell’epidemia in Veneto ha inciso positivamente sul diffondersi del contagio anche in ambienti più a rischio: cosicché fare previsioni su eventuali focolai a cui ricondurre possibili infortuni diventa davvero difficile » . L’equiparazione del contrarre il virus con l’infortunio sul lavoro è stata resa possibile da una direttiva dell’ente del 17 marzo scorso. In questo modo anche a categorie che normalmente non sarebbero state coperte (ad esempio, i medici a contratto) è stato dato un «ombrello» assicurativo, garantendo un risarcimento a fronte di denuncia di infortunio. Di fatto, le denunce per Covid-19 arrivate all’ente in Veneto fino al 31 maggio sono state 3.980, di cui 2.965 (74,5 per cento) da parte di lavoratrici e 1.015 da lavoratori. La provincia più colpita è stata Verona (con 1.200 denunce e 1 decesso), seguono Padova (673 denunce), Treviso (643 denunce e 4 decessi), Vicenza (625 denunce), Venezia (510 denunce e 3 decessi). In coda Belluno (237 denunce) e Rovigo (92, con un decesso).
I dati dimostrano che anche i lavoratori più giovani sono a forte rischio. Del totale, infatti, il 20 per cento (803 casi) sono lavoratori da 18 a 34 anni; il 36 per cento (1.432 casi) lavoratori da 35 a 49; il 42,4 per cento (1.689 casi) lavoratori dai 50 ai 64 anni. Solo 56 (anche per la vicinanza alla pensione) i lavoratori over-64 contagiati.
La quasi totalità delle denunce arriva dall’area «Industria e servizi», ma in realtà entro questo ambito solo una minima parte è personale che lavora in fabbrica: l’83 per cento delle denunce infatti arriva dal settore sanità e assistenza sociale. Di questi casi, circa sette su dieci sono persone che lavorano in ospedali, case di cura e case di riposo. Poco meno di tre su dieci sono dipendenti di servizi di assistenza sociale residenziale e non (gli infermieri, operatori sanitari e gli assistenti sociali che vanno a casa di malati e non autosufficienti). Una piccola parte delle de
nunce (il 2,1 per cento dei casi dell’area industria e servizi) riguarda gli addetti alle pulizie e alle attività di ristorazione. Un altro 2,1 per cento riguarda lavoratori e lavoratrici del mondo dell’istruzione. Ogni singolo caso sarà oggetto di un’inchiesta amministrativa da parte dell’Inail. E anche se l’orientamento generale è che difficilmente la contrazione del virus sia direttamente collegabile a una responsabilità dei datori di lavoro, l’ente provvederà a segnalare i casi dubbi alla magistratura: «Dove l’inchiesta infortunistica amministrativa determina una violazione delle norme di prevenzione – confermano Scarpa e Durastante – il verbale di inchiesta viene trasmesso alla procura della Repubblica».