Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)

«Persi dieci miliardi per il crollo dei consumi»

- Di Pierfrance­sco Carcassi

VENEZIA Che a pagare il prezzo più alto della pandemia, dopo le vittime del virus e le loro famiglie, sia stato il tessuto economico è cosa nota. Ora però quel prezzo inizia ad assumere un valore concreto attraverso le stime del centro studi di Confcommer­cio Veneto. E fa paura. Tre mesi di lockdown hanno fatto evaporare 10 miliardi di consumi, ridotti dell’11 per cento rispetto allo stesso periodo del 2019. Colpa delle chiusure, sì, ma anche dello smart-working, che elimina tutti gli acquisti che gli spostament­i fuori di casa, anche piccoli, portano con sé, a partire dal classico caffè al bar. «Lo smart working è accettabil­e solo se si fa per un paio di giorni a settimana ma dal punto di vista strettamen­te economico è un danno, uccide gli spostament­i, i pasti fuori casa, e i consumi», ha spiegato il presidente di Confcommer­cio Veneto, Patrizio Bertin, nel farsi portavoce della sofferenza delle imprese. «Sono numeri importanti e negativi, per noi non è facile darli».Se ora tutti sperano nel graduale riavvio della normalità dopo l’estate, per il comparto turistico sarà una lunga attesa: la chiusura delle frontiere, sempre su stime Confcommer­cio, e il conseguent­e calo tra il 40 e il 70% delle prenotazio­ni di visitatori stranieri, potrebbero tradursi in una perdita a nove zeri. Un conto compreso tra 2,5 e 4,5 miliardi. «Quest’estate avremo un turismo mordi e fuggi – ha continuato Bertin - speriamo nella boccata d’ossigeno del buono vacanze. Da imprendito­ri ci tiriamo su le maniche per reagire, ma non abbiamo certezze». Per il momento, otto aziende su dieci hanno rialzato la serranda, pur con gli incassi ridotti quasi alla metà. «Ma non possono andare avanti così – sintetizza il vertice di Confcommer­cio Veneto- e ci spaventa pensare a cosa succederà a settembre. A quel punto, quando riprendera­nno le scuole, le aziende faranno i conti in base alle proprie possibilit­à di sopravvive­nza e molte potrebbero scegliere di chiudere se la situazione non migliora, con regole diverse». Un primo giro di boa sarà a metà agosto quando scadrà il blocco dei licenziame­nti. Un filo cui sono appesi decine di migliaia di posti di lavoro. «Quando si potrà licenziare cosa succederà?», si chiede ancora il presidente. «Auspichiam­o che per settembre ci siano regole nuove. Speriamo di non dover parlare di licenziame­nti collettivi». Sempre Confcommer­cio stima che, nel periodo compreso tra il 23 febbraio e il 14 giugno 2020, l’emergenza sanitaria abbia fatto sparire circa 55 mila posti di lavoro nel terziario veneto, quasi il 6%dei dipendenti del comparto. Sono 32 mila solo quelli del comparto turistico che ha accusato il colpo più duro, ovviamente, perdendo il 20% dei posti di lavoro tra mancate assunzioni e rapporti di lavoro terminati. Ora Confcommer­cio propone di mettere a punto un documento programmat­ico che definisca i punti cardine della ripartenza. «La pandemia ha distrutto una generazion­e – ha concluso Bertin - e il futuro dei nostri figli. Ora dobbiamo ricostruir­lo: non abbiamo ancora delle linee guida, la situazione è in evoluzione. Siamo stufi di sederci ai tavoli con le istituzion­i che hanno già piani pronti, vogliamo progettare il rilancio insieme a loro».

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Crollo dei consumi Tra i motivi dei dati in rosso per i consumi in Veneto c’è anche il ricorso delle aziende allo smart working

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