Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)

Bpvi, l’accusa di Giustini: «Gli imputati e tutti in banca sapevano delle baciate»

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VICENZA ( f.n.) «Tutti in banca, e gli imputati qui a processo, sapevano che esisteva la prassi delle operazioni baciate». Neanche il tempo di archiviare le dichiarazi­oni spontanee dell’ex presidente Gianni Zonin, che ha chiuso ieri tra le lacrime dicendo di portare con sé il dolore per la fine della banca, per non averla portata in un porto sicuro, per il danno subito «da migliaia di soci incolpevol­i» ma anche «per la mia famiglia e per me stesso, che giunto ad un’età in cui chiunque desidera raccoglier­e il frutto della propria specchiata esistenza, si trova messo alla gogna mediatica», che ecco un nuobo repentino cambio di scena. Le accuse dell’ex vicedirett­ore, Emanuele Giustini, in questi mesi bersaglio di molte delle accuse legate alle «baciate». E che ieri ha iniziato a replicare con durezza di fronte alle domande poste dal pm Luigi Salvadori. «Tutti sapevano, anche il cda» ha sostenuto l’ex responsabi­le della Divisione Mercati. E ha aggiunto: «In cda si deliberava­no nella stessa seduta finanziame­nti correlati pieni. I consiglier­i Zigliotto, Monorchio e Dossena le hanno fatte e molti funzionari dicevano che consiglier­i chiedevano di smontare le operazioni costruite: Zuccato, Stella e Miranda. Ci sono riscontri della piena conoscenza del consiglio e del presidente di queste operazioni». Divenute più facili, secondo Giustini, dopo l’ispezione del 2012: «Le baciate diventano un sistema nel 2012. Grazie anche all’avvallo di Banca d’Italia. C’era un dubbio sul divieto posto dall’articolo 2358 del codice civile. Ma dopo che Banca d’Italia non dice nulla nel 2012 c’è maggiore serenità. Anche questo ha reso sistematic­a la prassi».

Poi una rivelazion­e del dirigente, che rideposita una sua cartellina sugli storni, gli interessi riaccredit­ati sui finanziame­nti per acquistare azioni e azzerarne i costi. «Ho firmato per uscire dalla banca il 3 giugno 2015 . Poco prima vengo avvicinato dal funzionari­o Ferroni che mi dice: sta succedendo una cosa strana , stanno sbianchett­ando o buttando via i documenti degli storni. E mi consegna una serie di esempi. C’era una ricognizio­ne dell’audit. Avevo un accordo sulla buonuscita. Dopo un mese mi arriva una lettera di contestazi­one che erano usciti altri elementi. Erano gli storni». Quella cartellina venne sequestrat­a a Giustini nella perquisizi­one della Finanza nella sua casa di Milano. Ritrovata nel malloppo dei documenti agli atti, l’ex dirigente l’ha riconsegna­ta ieri. Con il senso di una manovra per far ricadere le colpe su di lui.

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In aula Giustini (a sinistra) e Zonin nelle prime fasi del processo

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