Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)

«Così mi proposero di diventare un killer»

Al pm rivela: «Era la vendetta su un imprendito­re»

- di Andrea Priante

PADOVA «Vincenzo mi chiese di aiutarlo a organizzar­e un omicidio». Paolo Pasimeni, che nel 2001 uccise suo padre all’Università di Padova, al pm rivela che nel 2018 cercarono di reclutarlo come killer.

VERONA Carcere di Verona, il 17 giugno 2020 alle ore 9.50. «Il problema è che Vicenzo stava organizzan­do l’omicidio di Salvatore Allia... e mi ha chiesto eventualme­nte di aiutarlo a fare una cosa del genere...».

A raccontare questo tentativo di assoldarlo come killer, è il padovano Paolo Pasimeni, che oggi ha 42 anni e che quand’era solo uno studente, nel 2001, uccise veramente qualcuno: suo padre, il professor Luigi Pasimeni. In un bagno del Centro interdipar­timentale di Chimica dell’ateneo patavino, gli fracassò la testa con uno strizzatoi­o lavapavime­nti, caricò il corpo su una carriola e lo scaricò accanto al muro dell’istituto di Farmacolog­ia, per poi cospargerl­o di liquido infiammabi­le e dargli fuoco. Scontata la pena e tornato libero, un paio di settimane fa Paolo Pasimeni è stato arrestato nell’ambito dell’operazione «Freeland» - coordinata dalla Dda di Trento - con l’accusa di trafficare droga in Veneto per conto di una costola altoatesin­a della ‘ndrangheta.

Per intenderci, si tratta della stessa inchiesta grazie alla quale stanno emergendo, a trent’anni di distanza, importanti novità sul rapimento del vicentino Carlo Celadon durato 831 giorni, il più ungo sequestro di persona della storia italiana.

Gli è bastato tornare in cella qualche giorno, per capire che gli conveniva collaborar­e. Così, ha chiesto di essere interrogat­o dal pm Davide Ognibene e ha confessato tutto in modo da ottenere gli arresti domiciliar­i.

Ieri il tribunale del Riesame

ha escluso che la banda trentina possa inquadrars­i nell’ambito mafioso, ma poco importa: Pasimeni non nega di aver intrallazz­ato in armi e cocaina, in combutta con il (presunto) capo, il calabrese Mario Sergi, e con Yassine Lemfaddel, detto «Vincenzo», un 32enne di origini marocchine ma in realtà nato in Calabria, a Taurianova, e poi trasferito­si a Treviso. Anche quello di Yassine era un nome noto alle cronache ben prima del blitz della Dda: il 23 settembre 2017, nel capannone di un’azienda di Bagnoli di Sopra, al culmine di una lite per questioni di denaro venne ferito a fucilate dal suo ex datore di lavoro, Benedetto Allia. Nella stanza era presente anche un amico del marocchino, il 38enne crotonese Francesco Mazzei, che non ha la stessa fortuna: raggiunto dai colpi d’arma da fuoco, muore sul colpo.

Ecco, nel lungo verbale dell’interrogat­orio reso nove giorni fa Pasimeni racconta ciò che avvenne dopo quel delitto per il quale il responsabi­le è stato condannato a 17 anni di carcere. Svela infatti che «Vincenzo» era disposto a tutto pur di punire l’uomo che aveva ucciso il suo amico, anche a versare il sangue di una persona non direttamen­te coinvolta nella tragica lite del 23 settembre, con il solo obiettivo di farlo soffrire. «A inizio 2018, Lemfaddel mi chiese un contributo per organizzar­e l’omicidio di Salvatore Allia, il padre di Benedetto... Lemfaddel chiedeva a chiunque di aiutarlo a vendicarsi, chiese lo stesso contributo anche a Violi (Carmine,

anche lui arrestato dall’antimafia, ndr) promettend­ogli fedeltà (...) Lui si prestava ad assistere a tutti i progetti di Violi nel nord Italia, chiedendo come baratto l’omicidio».

In pratica, visto che l’imprendito­re era al sicuro in carcere, il marocchino stava progettand­o di ammazzare suo padre. Il quale, a dirla tutta, ha pure lui una storia complicata alle spalle: Salvatore Allia ha trascorso molti anni in carcere per l’omicidio, avvenuto nel 2003, del pierre triestino Paolo Grubissa che sospettava essere l’amante della sua compagna. Ora Pasimeni racconta che c’era un piano per farlo fuori. E che «Vincenzo» era alla disperata ricerca di un killer: «Chiedeva a chiunque conoscesse, di cui si fidasse, di dargli una mano ad arrivare a Salvatore». Compresi Violi - che secondo l’accusa trafficava in droga e sognava di allargare lo spaccio in Veneto - e lo stesso Pasimeni. Il magistrato gli chiede se l’omicidio si verificò e il padovano risponde laconico: «Per il momento no. Perché io chiarament­e gli ho detto di no».

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Pasimeni Vincenzo chiedeva a chiunque di aiutarlo a vendicarsi. E io, chiarament­e, gli dissi di no

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 ??  ?? Arrestato Paolo Pasimeni in una vecchia foto. l’uomo oggi ha 42 anni. Fu condannato per aver ucciso suo padre nel 2001: l’omicidio avvenne in un’ala dell’Università di Padova
Arrestato Paolo Pasimeni in una vecchia foto. l’uomo oggi ha 42 anni. Fu condannato per aver ucciso suo padre nel 2001: l’omicidio avvenne in un’ala dell’Università di Padova

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