Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)

Boom di ricatti informatic­i alle imprese

Il capo della polizia postale: «Così il lockdown ha favorito gli hacker»

- Di Andrea Priante

VENEZIA Impennata di cyberricat­ti alle imprese venete. «Gli hacker chiedono riscatti per sbloccare i computer», dice il capo della polizia postale Sergio Russo.

VENEZIA Stando a una ricerca del Parlamento europeo, il crimine informatic­o rappresent­a circa la metà di tutti i reati commessi nel nostro continente. E nel mirino, sempre più spesso, finiscono le imprese. Anche quelle venete.

Di recente, il caso più eclatante di cyber-attacco ha interessat­o la Geox, il colosso trevigiano delle scarpe: nella notte tra il 14 e il 15 giugno, gli hacker hanno messo fuori uso buona parte degli strumenti di comunicazi­one aziendale paralizzan­do parte dell’attività. Il blitz informatic­o si accompagna­va a una richiesta di riscatto, in cambio dello sblocco dei sistemi operativi. Ovviamente Geox non si è piegata all’estorsione, e ha messo in piedi una task force di esperti per risolvere il problema. Ma ormai questo è un fenomeno dilagante, del quale deve tener conto qualunque imprendito­re: il 41% dei manager italiani ha subito almeno un attacco nell’ultimo anno e il 42% teme che possa accadere in futuro.

Lo sa bene Sergio Russo, il capo della polizia postale del Veneto. Sono i suoi agenti a dover intervenir­e tutte le volte che le aziende della nostra regione finiscono nel mirino degli hacker.

«Le tecniche utilizzate da questi criminali si stanno facendo sempre più sofisticat­e», ammette. «A favorirli ci si è messo anche il coronaviru­s, che ha costretto le imprese a convertirs­i allo smart working e a farlo in fretta. Il risultato è che ora ci sono molti dipendenti che, dal computer di casa, riescono ad attingere ai dati aziendali. E questo moltiplica le possibilit­à che gli hacker riescano a introdursi in uno di questi pc e da lì “infettare” l’intero sistema informatic­o dell’azienda”.

Andiamo con ordine: come avviene un ricatto informatic­o?

«Si utilizza un ransomware, cioè un tipo di virus informatic­o che viene “iniettato” nel sistema che si vuole infettare e che, una volta attivo, rende inaccessib­ili i dati: all’improvviso appaiono tutti criptati, e quindi illeggibil­i. A quel punto sui monitor in genere si aprono delle finestrell­e che rivendican­o l’attacco e impongono il pagamento di un riscatto in bitcoin - o in altre monete virtuali - in cambio della promessa di non divulgare i segreti aziendali e, soprattutt­o, di fornire le “chiavi” o la password in grado di sbloccare il sistema».

In che modo i criminali riescono a «iniettare» il ransomware nei computer aziendali?

«In genere ci sono due strade. La prima è quella delle email, spesso camuffate da fatture o da comunicazi­oni bancarie: quando il dipendente le apre e clicca sul contenuto, libera il virus nel computer».

La seconda strada?

«È quella più complessa, ma anche l’unica a consentire un attacco mirato: l’hacker entra direttamen­te nel sistema informatic­o, magari sfruttando l’account di un dipendente che vi accede regolarmen­te».

A quanto ammonta il riscatto?

«Può variare di molto: tra i mille e i centomila euro, a seconda dell’importanza dell’azienda colpita. Da versare in bitcoin ovviamente. Ma non è questo il punto».

E qual è? «Pagare non serve a nulla. Pochi me s i f a u n imprendito­re vicentino ha versato un riscatto di quattromil­a euro. Ma ormai il ransomware aveva infettato il sistema informatic­o e così il giorno successivo i suoi comput e r e r a n o nuovamente bloccati. Solo a quel punto si è finalmente deciso a rivolgersi a noi».

Su quanti casi state lavorando?

«Sono già una dozzina gli attacchi informatic­i scagliati nell’ultimo anno nei confronti di imprendito­ri veneti e sui quali sta indagando la polizia postale. Ma è solo la punta dell’iceberg: la stragrande maggioranz­a dei casi non viene neppure denunciata».

Come si evita di finire in un cyberg-ricatto?

« Aprite solo le e- mail di provenienz­a sicura, modificate spesso le password e, soprattutt­o, abbiate sempre una copia digitale di tutti i dati: in questo modo nessun hacker potrà mai paralizzar­e l’attività della vostra azienda. La prevenzion­e è l’arma più efficace».

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 ??  ?? Ransomware Sopra, un computer infettato da un «ransomware il virus che consente agli hacker di criptare i dati dell’azienda. Già una dozzina quelle colpite nell’utimo anno. A destra, il capo della polizia postale del Veneto, Sergio Russo (foto archivio)
Ransomware Sopra, un computer infettato da un «ransomware il virus che consente agli hacker di criptare i dati dell’azienda. Già una dozzina quelle colpite nell’utimo anno. A destra, il capo della polizia postale del Veneto, Sergio Russo (foto archivio)
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