Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
Il mondo plurale diventa «casa» la mostra a Treviso
Apre «When the globe is home» alle Gallerie delle Prigioni a Treviso
stare nello spazio di una cella. Sulla superficie di un tappeto, ad esempio, Antonio Riello (1958, originario di Marostica) ha fatto posto a un’epopea del contemporaneo, un coro di icone della «Tarda modernità», «con le sue molte ossessioni, poche virtù e supposte glorie». A quel pattern di simboli fanno eco le cronache sofisticate e ciniche che timbrano le illustrazioni del turco Selçuk Demirel (1954), famoso per le sue strisce sui giornali di mezzo mondo. Il fatto è che, nonostante tutto ci sembrasse lontano e irraggiungibile (e ancora in gran parte lo è), il mondo ha continuato a esserci, a macinare brutalità e spesso a cancellarne le tracce. Ce lo ricordano in tanti qui.
Halida Boughriet ( 1982, Francia) legge la claustrofobia dell’isolamento riprendendo i volti e la voce di chi è passato nel campo di lavoro forzato di Gradishte in Albania negli anni Cinquanta e li fissa in lastre di cemento.
Erkan Özgen (1971, Turchia) offre un ritratto toccante delle donne yazide, sfuggite alle violenze dei militanti dell’Isis.La casa non ci protegge da tutto questo, non ci rende immuni o meno colpevoli, anche perché entra a forza dalle nostre tecnologie in tempo reale. Jarik Jongman (1962, Olanda) nella sua tela «Il giudizio» ci mostra la nostra illusoria spensieratezza on-line con cui appianiamo tutto e rendiamo innocuo o barbaro ogni dissenso.
Siamo capaci di reagire? A volte possiamo rompere il pavimento del mondo, come fa il bambino foderato di perline blu di Beya Gille Gacha (1990, Francia) e così prova a far crescere una pianta. Oppure tentiamo di ricostruire qualcosa di nuovo, magari dalle frattaglie del vecchio, come fa Ghizlane Sahli (1973, Marocco) con le sue installazioni di fibre vegetali, plastiche e metalli come fossero nuovi alveari di vita. Ora che ci siamo sentiti così vulnerabili e sopraffatti, ci dicono i curatori, è tempo di pensare a un nuovo senso di identità globale che sia «un’interazione stratificata, che dia spazio e voce alle particolarità, senza cedere alla tentazione di mitigare le differenze».
Risuona la domanda che si pone tra sé e sé la croata Dorina Vlakancic, facendo risuonare la propria voce tra le pareti della cella: «Ma cosa sto facendo di questa Casa che ho a disposizione?».
When The Globe Is Home (che vede anche opere di Aldo Runfola, Armen Agop, Walid Siti, Dubravka Vidovic), fa parte di una ricerca più ampia sull’impatto della globalità nell’arte contemporanea, accendendo via via focus tematici. Il giacimento di ispirazione resta l’enorme collezione di Imago Mundi, raccolta da Luciano Benetton, di cui in questa occasione vengono presentati 382 pezzi da 120 Paesi, con il loro tradizionale formato di 10 per 12 centimetri. Ingresso libero: venerdì (ore 15-19), sabato e domenica (ore 10-13 e 15-19)