Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
Alcedo lancia il polo alimentare d’eccellenza
Gajo: «Eurochef e Bertoncello nucleo di una rete d’eccellenza»
TREVISO Un polo di aziende alimentari d’eccellenza, che dopo aver raggiunto i cento milioni di euro di ricavi con altre acquisizioni, guardi all’estero. È il progetto di Alcedo sgr (nella foto il fondatore Gianni Gajo).
TREVISO Non è affatto occasionale l’operazione resa nota ieri da Alcedo Sgr che riguarda l’ingresso nel 70% del capitale di Bertoncello, società di Romano d’Ezzelino (Vicenza) specializzata nella produzione e commercializzazione di gnocchi di patate e farine professionali. Specie se letta assieme all’investimento concluso lo scorso anno con Eurochef Italia, di Sommacampagna (Verona), sigla dei piatti pronti rilevata al 68% la quale, nella nuova operazione, ha scelto di entrare a sua volta con una quota dell’8% nella casa vicentina.
Il disegno che Giovanni Gajo, fondatore della società del private equity di Treviso, ha in mente è di creare in tempi abbastanza rapidi una «rete dell’alimentare di eccellenza», prevalentemente veneto, che abbia le spalle sufficientemente robuste per portare la migliore cucina italiana nel mondo. Food and beverage, s’intende, con concessioni anche in campo dolciario. «La prima vera esperienza in questo settore, estremamente variegato – riconosce Gajo – è stata fatta affiancando la crescita della veronese Masi Agricola, etichetta di fatto senza concorrenti nel mondo dell’Amarone, fino al debutto in Borsa Italiana. L’incontro con Stefano Stanghellini, uno dei fondatori di Eurochef, ci ha riproposto alcune considerazioni sulla ricchezza del nostro comparto alimentare e ora, dato anche che fra le due società c’è uno scambio di quote, aggregando Bertoncello abbiamo creato un nucleo forte attorno al quale coagulare un progetto molto suggestivo».
Coagulare cosa? Il patron di Alcedo non fa mistero di avere in canna una serie di altre munizioni. «A breve termine dovrebbero arrivare altri due player, a medio altri tre. Sono soggetti accomunati innanzitutto da una caratteristica che si può riscontrare in tutte o quasi le migliori aziende dell’alimentare di casa nostra: cioè di essere bravissimi ma troppo piccoli. E questo ancora non basta per rientrare nel profilo che noi cerchiamo: vogliamo avere a che fare con imprenditori ‘cavalli di razza’».
Gajo approfondisce: «Per spiegare meglio, non siamo interessati a gente che voglia semplicemente vendere e cambiare orizzonti, ma a persone con mentalità aperta e moderna, in grado di comprendere l’importanza degli incroci di esperienze e capaci di vedere nei compagni di percorso la dimensione dell’alleato e non del concorrente. Capitani d’azienda intenzionati a crescere e a farlo salendo a bordo assieme ad alt r i u n u n a s t r u t t u r a abbastanza grande da affrontare i mercati del pianeta».
La dimensione ipotizzata è presto detta. Per Gajo il taglio minimo di fatturato complessivo di un network simile dev’essere almeno di cento milioni (le due aziende già presenti sono dell’ordine di una ventina ciascuna); e da lì in poi ci si potrebbe pure avventurare in acquisizioni all’estero. «Non dovrebbe essere difficile, in questo momento di realtà ne stiamo vedendo molte. Il panorama delle possibilità è vastissimo, e non escludiamo sguardi anche a chi non si dedica a prodotti di consumo ma alle macchine per la produzione alimentare, seppure quest’ambito richieda un approccio diverso».
Di certo c’è che, prossimo all’esaurimento, il fondo Alcedo IV, inizialmente dotato di 195 milioni e chiuso a maggio 2016, lascerà presto il campo alla raccolta numero cinque, fra i 200 ed i 250 milioni, e che in questo il Food
and Beverage sarà per gli investimenti previsti un driver centrale. «Se un protagonista come Giovanni Rana, nella generazione precedente, a cominciare dai tortellini è riuscito ad affermarsi nel pianeta nel modo che tutti conosciamo – riflette ancora il capostipite dei professionisti finanziari trevigiani – non c’è alcuna ragione per dubitare delle grandi possibilità di penetrazione a livello globale delle eccellenze del cibo italiano». In un’epoca, comunque, che non può prescindere da uno spiccato orientamento green anche, e soprattutto, nel produrre ciò che mangiamo: «L’impresa alimentare - conclude Gajo - dovrà andare necessariamente nella direzione dei prodotti e dei processi industriali sostenibili».