Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)

Rogo alla 3V Sigma, quattro indagati

Le accuse della Procura: incendio doloso e lesioni. A breve le perizie degli esperti

- Andrea Rossi Tonon

VENEZIA Quattro iscritti nel registro degli indagati, tre dirigenti della 3V Sigma di Marghera e uno della General Montaggi, la ditta di Terni i cui operai stavano lavorando dove sarebbe scoppiato il rogo e che sono poi finiti all’ospedale in gravi condizioni. Manager con responsabi­lità legali che la Procura di Venezia accusa di lesioni e incendio colposo. È un primo passo per accertare eventuali responsabi­lità per l’incendio divampato il 15 maggio.

VENEZIA Quattro iscritti nel registro degli indagati per l’incendio divampato venerdì 15 maggio allo stabilimen­to chimico 3V Sigma di Marghera. Quattro dirigenti, tre della società veneziana e uno della General Montaggi, la ditta di Terni i cui operai stavano lavorando nel punto in cui sarebbe scoppiato il rogo e che sono poi finiti all’ospedale in gravi condizioni. Manager con responsabi­lità legali che la Procura di Venezia accusa di lesioni e incendio colposo. Si tratta di un primo passo per accertare eventuali responsabi­lità per quanto accaduto un mese e mezzo fa in via Malcontent­a, su cui aiuteranno a fare chiarezza le perizie che i sostituti procurator­i si apprestano a richiedere. Martedì potrebbe essere il giorno dell’affidament­o degli incarichi.

Intanto, giovedì scorso, dal suo letto d’ospedale, Pramod Saw, uno dei due lavoratori feriti dalle fiamme, ha ricordato attraverso le pagine del Corriere del Veneto quei terribili momenti. L’operaio ha raccontato che quella mattina era impegnato con il collega Alin Burcea, ferito anche lui, nell’installazi­one di un tubo d’acciaio nuovo su uno vecchio. «Non so cosa contenesse, ma quella mattina l’ingegnere che di solito ci dava indicazion­i sui lavori da fare non c’era. Aveva lasciato detto tutto al capoturno: lui ci ha dato la conferma che su quel tubo potevamo lavorare in sicurezza». L’uomo ha spiegato che avrebbero dovuto tagliare il tubo vecchio per poi saldare un tappo di lamiera su una delle estremità: «Ma appena abbiamo messo un punto di saldatura ha preso fuoco tutto».

A quel punto l’operaio avrebbe sganciato la cintura di sicurezza lanciandos­i per una decina di metri nel vuoto, avvolto dalle fiamme. A spegnerle con l’acqua della manichetta antincendi­o sarebbe stato un altro lavoratore, uno dei pochi presenti in quel momento all’interno del reparto. Come Saw anche Burcea è ancora ricoverato in ospedale, alle prese con gravi ustioni su diverse parti del corpo. « Ci siamo sentiti solo una volta – ha detto l’operaio di origine indiana - Lui non si ricordava nulla dell’incidente. Gli ho spiegato io cosa ci era successo. Lui è parecchio ustionato, soprattutt­o sulla faccia».

La Procura intende ricostruir­e l’esatta sequenza di eventi avvenuti nello stabilimen­to e le singole operazioni compiute dagli operai. Tra i punti da chiarire vi è per esempio l’eventuale utilizzo da parte dei lavoratori dell’azoto per il raffreddam­ento delle parti e se abbiano cercato di spegnere da soli un primo focolaio. Nelle ore subito successive all’incendio, i sindacati avevano attaccato l’azienda sostenendo che nel reparto fossero presenti 125 maxi-taniche di xilene e che l’impianto antincendi­o fosse poco affidabile. Accuse che la ditta ha subito rispedito al mittente attraverso i propri legali con l’obiettivo di tutelare la propria immagine e il lavoro dei suoi dipendenti ma sottolinea­ndo che i periti non si sono ancora messi al lavoro.

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