Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
Il giorno del Mose: il test davanti a Conte e lo scontro sui fondi
L’OPERA DOMANI AL LIDO Ballano 130 milioni, scontro tra commissari e imprese
VENEZIA La control room del Lido è quasi pronta per il test di domani con l’arrivo del presidente del Consiglio Giuseppe Conte e del ministro alle Infrastrutture Paola De Micheli. Per la prima volta — a 17 anni dalla posa simbolica della prima pietra (era il 14 maggio 2003) con l’allora premier Silvio Berlusconi — saranno alzate insieme tutte le 78 paratoie delle tre bocche di porto, separando la laguna dal mare. «Un test importante che ci dirà se in caso di acque alte eccezionali Venezia potrà essere messa al riparo, ma sempre una delle tante prove per definire le procedure», spiega il provveditore alle Opere pubbliche del Triveneto Cinzia Zincone, che allontana l’idea dell’inaugurazione. «Il Mose non è finito, ha bisogno di altri interventi».
Perché i problemi da risolvere ci sono eccome: dalla sistemazione della conca di navigazione alla corrosione di alcune parti delle cerniere, dalla sabbia sotto le paratoie della bocca di Lido più vicine alla riva di Treporti ai lavori della vera control room del Mose all’Arsenale (pronta il prossimo anno) fino all’incognita dei finanziamenti. I cinque miliardi e 493 milioni sono ormai stati quasi tutti spesi, ma per la fase di avviamento e la sistemazione di tutte le criticità servirebbero circa 700 milioni ulteriori, che si stanno cercando nel bilancio dello Stato. Sui soldi da mesi è in atto un braccio di ferro istituzionale tra i commissari del Consorzio Venezia Nuova e, dall’altra parte, la commissaria straordinaria del Mose Elisabetta Spitz e Zincone: i primi hanno usato una parte delle risorse stanziate per i lavori per pagare gli stipendi dei dipendenti del Cvn, togliendoli così alle imprese; le seconde sono però irremovibili nel sostenere che quei fondi sono stati già pagati e che la questione riguarda i rapporti interni al Consorzio. Ma ora sale la tensione anche tra commissari e imprese del Cvn, o meglio ciò che ne è rimasto, con le tre «grandi» (Mantovani, Grandi Lavori Fincosit e Condotte) ormai di fatto inattive. Le «piccole» avevano infatti firmato a dicembre di due anni fa un accordo con i commissari da 300 milioni di euro di lavori per finire il Mose e le opere compensative in laguna. Seppur con un po’ di lentezza stanno andando avanti e da mesi reclamano almeno 10 milioni di arretrati, minacciando di fermare i lavori e «diffidando» Giuseppe Fiengo e Francesco Ossola a pagare. Ma martedì i commissari hanno risposto a muso duro, affermando per la prima volta che anche loro, in quanto consorziati, sono responsabili in via solidale del «buco» del Cvn. Una cifra che, messe in fila le varie voci, arriva a 130 milioni. «Quanto alle diffide, lo spiacevole tono aggressivo e perentorio delle medesime offre occasione ai sottoscritti per richiedervi di far fronte, con la dovuta urgenza e insieme alle altre consorziate, ai vostri obblighi nei confronti del Consorzio Venezia Nuova», scrivono. Si parla di 29 milioni di buco degli anni precedenti, di 40 per anticipazioni varie e altre voci, di quasi 20 di diffide da parte dei commissari e infine di 46 per contestazioni relative ai danni dell’opera. Si dice inoltre che le imprese «dovranno garantire mediante adeguate anticipazioni finanziarie il funzionamento della struttura del Cvn», cioè il pagamento degli stipendi. Di questo se ne parlerà in un comitato consultivo (il tavolo tra commissari e imprese) mercoledì prossimo. «Sono basito e perplesso — afferma Devis Rizzo, presidente di Kostruttiva, una delle consorziate — Ne parleremo, ma sono questioni che riguardano altre imprese e il passato». Anche perché le «piccole» sono titolari del 13 per cento del Consorzio e non sono certo in grado di farsi carico di somme così ingenti.
Ma quello su cui punteranno premier e ministro domani sarà il funzionamento del Mose. Uno dei problemi da risolvere è quello dei sedimenti che con l’innalzamento delle paratoie va ad ostruire lo spazio tra queste e i cassoni (lato Cavallino) impendendo poi che si adagino completamente sul fondo. Fondamentale è la pulizia, ora rallentata per i costi alti, in quanto la sabbia deve essere portata in discarica (per una piccola percentuale di mercurio) e questo fa aumentare la spesa. Altro tema è quello della corrosione delle cerniere, dopo che il Rina ha stabilito che alcuni elementi sono usurati al punto da ridurre la vita residua dai 100 anni di progetto fino a 13 nei casi peggiori: il Consorzio ha bandito una gara da 35 milioni per individuare un partner che studi come intervenire, individuando materiali più duraturi (la gara si è fermata perché la commissione è stata azzerata per presunte incompatibilità). Tra i sistemi da completare c’è anche il collegamento tra le quattro bocche di porto, per ora sostituito da un ponte radio dell’Esercito. Mancano poi le ridondanze (oltre i compressori già installati) e le opere di compensazioni indicate dall’Unione Europea per le quali i fondi si stanno cercando.