Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
Dazi, ora Trump spaventa il Prosecco
Allarme Coldiretti sulle minacce dagli Usa (che ora sono il primo mercato)
TREVISO Allarme Coldiretti nell’anniversario del riconoscimento Unesco per le colline del Prosecco: i dazi minacciati da Trump potrebbero colpire le bollicine, nel momento in cui gli Usa sono primo mercato.
TREVISO I dazi minacciati da Trump fanno tremare il Prosecco. Ieri l’allarme è stato lanciato dalla Coldiretti nazionale, che ha scelto una data simbolica per sollevare il caso: un anno fa, infatti, fu ratificato il riconoscimento delle colline del Prosecco come patrimonio Unesco.
«Il pericolo è concreto – dicono dalla Coldiretti – perché, se entrassero in vigore dazi del 100% ad valorem, una bottiglia di Prosecco, venduta in Usa oggi a 10 dollari al dettaglio, verrebbe a costarne 15». Nulla è ancora deciso, peraltro. Il Dipartimento del commercio statunitense (Ustr) ha iniziato lo scorso 26 giugno la procedura pubblica di consultazione per la revisione delle tariffe da applicare e della lista di prodotti europei colpiti da dazi addizionali, a seguito della disputa sugli aiuti al settore aeronautico. C’è chi sostiene che sono solo minacce e che non saranno concretizzate. Di certo, per il mondo del vino veneto sarebbe una beffa, che arriva dopo un periodo molto pesante, quello del Covid, dove il settore horeca si è fermato del tutto.
Tra le varie denominazioni, però, le situazioni sono differenti. Stefano Zanette, presidente della Doc di pianura, sembra sereno: « Già dallo scorso anno abbiamo adottato tutti i provvedimenti che potessero prevenire questa eventualità - spiega -. Negli ultimi mesi, le esportazioni verso gli Usa stanno aumentando. Osserviamo il fenomeno, ma quello che potevamo fare lo abbiamo fatto». I numeri sono imponenti. Nell’ultimo trimestre il mercato americano ha infranto per la prima volta lo storico primato dell’export verso la Gran Bretagna, e oggi con circa 115 milioni di bottiglie rappresenta il primo mercato per volume e per valore: vale il 32% dell’export, cioè il 75% di una produzione che ormai sfiora il mezzo miliardo di bottiglie.
Chi invece trema davvero è Ugo Zamperoni, presidente del consorzio più piccolo, quello di Asolo (17 milioni di bottiglie nel 2019). Il motivo è la contraddizione esistente nel suo
di crescita, basata per circa tre quarti su un’unica grande azienda che esporta verso un unico grande importatore statunitense. Nella speranza che i dazi non arrivino, i numeri sono positivi: da inizio gennaio a fine giugno, la produzione certificata di Asolo
Prosecco è stata di 7,8 milioni di bottiglie, con un balzo in avanti dell’8,3% rispetto al primo semestre del 2019. Per questo, a differenza di quanto è accaduto per la Doc e la Docg di Conegliano e Valdobbiadene, il Consorzio non ha discusso alcuna misura di contenimento della resa di uve per ettaro in vista della vendemmia. Se arrivassero i dazi, questi piani rischierebbero di saltare.
È attento anche Innocente Nardi, presidente dello storico consorzio di collina. La Docg esporta quasi 5 milioni di bottiglie negli Usa, non ha alcun mercato particolarmente dominante e ha sempre fatto un vanto del fatto che il proprio territorio «impedisca la crescita»: la produzione è attorno ai 90 milioni di bottiglie e la battaglia è legata a dar loro un valore sempre maggiore. «Speriamo che questi dazi non vengano introdotti - dice Nardi -, Trump non deve usare il Prosecco come elemento di ricatto. Noi continuiamo a investire nel mercato Usa con varie iniziative».
Per stimare i danni reali che potrebbero causare le barriere commerciali, Coldiretti, col presidente trevigiano Giorgio Polegato, ipotizza un rischio di crollo del fatturato del 40%. «I dazi imposti ai vini fermi di Francia, Spagna e Germania hanno causato perdite enormi ai produttori delle rispettive nazioni - avverte Polegato -. Per le nostre bollicine sarebbe davvero una situazione molto grave». Anche perché in agguato ci sono i cloni: dal Kressecco al Meer-Secco, la Germania è pronta ad attaccare coi suoi spumanti «tarocchi».
"Polegato Si può stimare un crollo del fatturato vicino al 40%