Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
Buoni pasto non dovuti in smart working
Niente buoni pasto per chi lavora in smart working. Il giudice del lavoro ha dato ragione al Comune dopo il ricorso presentato dalla Cgil stabilendo che «i buoni pasto non sono dovuti» e che la questione non avrebbe neppure dovuta essere oggetto di contrattazione o confronto tra Ca’ Farsetti e le sigle sindacali. «Faremo opposizione alla sentenza in quanto smentisce le indicazioni del governo — attacca la Funzione pubblica della Cgil — Oggi è chiaro che lo smart working è tutt’altro che rose e fiori e invece si sta traducendo in un totale discrezionalità del datore di lavoro». Nella sentenza si legge che l’indicazione fornita dal ministero sul confronto «non solo non è giuridicamente vincolante nella valutazione della legittimità del comportamento del Comune ma è comunque priva di qualunque utilità non potendosi neppure ipotizzare che si giunga a soluzioni differenti a seconda dell’esito del confronto sindacale». «Abbiamo sempre pensato — interviene soddisfatto l’assessore al Personale Paolo Romor — che il buono pasto, e l’utilizzo delle risorse pubbliche, non fosse giustificato in una situazione in cui il dipendente, lavorando da casa, gestisce in piena autonomia i tempi di lavoro e la pausa pranzo». Quello di ieri però è stato un doppio successo del Comune visto che ieri il Tribunale del Lavoro di Venezia ha anche rigettato il ricorso di un gruppo di vigili urbani che erano stati assunti per il servizio notturno (17.30-8), e chiedevano che il giudice riconoscesse i diritto a turnare nell’intero arco della giornata. «Avevamo dato ampia disponibilità a discutere di una ridistribuzione del carico di lavoro notturno su una platea più ampia di vigili, essendo il numero complessivo nel frattempo cresciuto e destinato ad aumentare ancora, ma hanno preferito rivolgersi al giudice», commenta Romor. La vittoria dei sindacati è arrivata invece per il personale di Ames che lavora nei Servizi educativi del Comune in part time ciclico e che ha diritto al riconoscimento dei contributi previdenziali anche nel periodo non lavorato. Lo ha deciso il giudice del lavoro Anna Menegazzo condannando l’Inps. La vicenda riguarda 40 lavoratrici.