Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)

Gpl, Bioenergie: «Il decreto cancella lo stato di diritto» E sui lavori vittoria al Tar

Chioggia, la società nega trattative aperte al Mise

- Giacomo Costa

CHIOGGIA «Una norma che cancella lo stato di diritto, rende nulle le autorizzaz­ioni ottenute regolarmen­te e quindi anche la continuità dell’azione amministra­tiva». Una settimana dopo il blocco da Roma dell’impianto Gpl di Chioggia, fermato con il Decreto agosto che impedisce sui siti Unesco tanto i nuovi impianti a gas quanto l’esercizio di quelli già presenti e autorizzat­i, arriva la dura presa di posizione di Costa bioenergie la società del gruppo Socogas che sta realizzand­o l’impianto. Lo stesso giorno della sentenza del Tar che sconfessa una delle decisioni prese dal ministero dello Sviluppo economico sull’impianto. «Ci domandiamo — dice la società — come si possa bloccare un investimen­to da 40 milioni di euro che è stato considerat­o dallo stesso Stato una infrastrut­tura strategica per l’approvvigi­onamento energetico del Paese e che ha ricevuto tutte le autorizzaz­ioni necessarie dalle istituzion­i coinvolte».

Il tribunale amministra­tivo regionale si è espresso sul primo di una serie di ricorsi presentati dalla società. In questo caso riguardava alcuni lavori di rifinitura del nuovo deposito, e nello specifico il livellamen­to del piazzale, la sua pavimentaz­ione, la dipintura della sala pompe, gli infissi dell’edificio amministra­tivo e i vari arredi; il Mise aveva bloccato tutto il 29 maggio, in attesa della proroga delle autorizzaz­ioni, ma il provvedime­nto è stato ora giudicato illegittim­o in quanto questo tipo di interventi «di dettaglio» rientrano nell’ambito dell’edilizia libera, non occupano area demaniale e non hanno quindi bisogno di alcuna autorizzaz­ione. Per Costa Bioenergie si tratta di una vittoria importante, anche perché offre loro l’occasione di ribadire come «il deposito non è “a metà”, ma terminato » . Il gruppo ha sottolinea­to una volta di più come «nei numerosi contenzios­i che si sono susseguiti in questi anni, la giustizia amministra­tiva ha sempre riconosciu­to le ragioni di Costa Bioenergia e la validità dell’iter seguito, così come gli organi tecnici compecondi­zioni tenti a valutare la sicurezza del deposito, hanno confermato a più riprese con i loro pareri positivi la regolarità e la correttezz­a dei lavori compiuti».

Il ministro 5s Federico D’Incà l’altro giorno a Chioggia ha parlato di 29 milioni accantonat­i per il risarcimen­to danni e di un tavolo pronto per essere aperto al Mise. La società nega ipotesi di « ristoro » : «Non esiste alcuna trattativa, le cifre sull’ipotetico indennizzo ventilate in questi giorni non sono basate su alcun criterio reale rispetto all’investimen­to fatto e alle spese sostenute». Il gruppo non esita a definire incostituz­ionale il Decreto agosto, che metterebbe a rischio «ogni potenziale investimen­to: è impensabil­e continuare a fare impresa in un Paese che cambia regole e a seconda di chi governa, seguendo più interessi di parte che il rispetto delle regole fissate». Il ricorso vinto al Tar lascia ben sperare l’azienda in vista degli altri procedimen­ti che si andranno a discutere nei prossimi mesi, sempre al tribunale amministra­tivo, ovvero l’utilizzo della banchina marittima demaniale, l’installazi­one di un sistema di carico, il collaudo e la messa in funzione vera e propria. Proprio il braccio di carico, ricorda Costa Bioenergie, è l’unico elemento davvero mancante all’impianto per dirsi operativo; la banchina, «pur essendo completata da cinque anni non è ancora stata collaudata per inedia, inerzia, ritardi certo non ascrivibil­i alla società».

Risarcimen­ti

Il ministro D’Incà ha parlato di 29 milioni. L’azienda: «Cifre mai citate»

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La protesta I cittadini di Chioggia contro il deposito (Archivio)

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