Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)

Cipriani riapre l’Harry’s: «Il locale non cambia e il tavolo di Hemingway è rimasto al suo posto»

Ristorante al piano terra, al primo solo eventi

- Camilla Gargioni

VENEZIA Quel profumo di pesca che invade la sala mentre al banco bar è in preparazio­ne il Bellini, i pierini appena tostati, la polenta gialla tagliata sottile con il baccalà mantecato sopra. Le sue porte non hanno chiuso nemmeno per l’acqua alta straordina­ria di novembre, ma la pandemia le ha serrate per mesi. Ora, l’attesa è finita: lo storico Harry’s Bar apre venerdì 28 agosto. L’annuncio è stampato a caratteri sottili, prima in italiano poi in inglese, su un foglio A4 affisso al portone d’ingresso, celandosi all’osservator­e disattento. «Ci proviamo, ad aprire» dice Arrigo Cipriani, classe 1932, leggenda veneziana che si è spesa più volte nei dibattiti di metà maggio contro le misure imposte dal governo sui distanziam­enti

"Arrigo Trovo ancora tutto eccessivo, conto nella mia clientela veneziana e italiana. Gli americani si sa non ci sono

da mantenere nei bar e nei ristoranti. Ferrea la sua posizione nel restare chiuso, anche per le specificit­à dell’Harry’s Bar. «Non ho aperto finora per l’affitto, che è elevato, e tanti altri problemi» taglia corto Cipriani. Ma cosa cambierà all’interno del civico 1323? Il tavolo dove soleva sedersi Ernest Hemingway sarà ancora al suo posto? «Le distanze c’erano già, non cambia nulla all’interno – spiega Cipriani – sarà aperta solo la sala al piano terra, però. L’Harry’s Bar tornerà a essere come è sempre stato, per cinquant’anni». E ci sarà un altro elemento di ritorno al passato, svela Cipriani: «Rimetterem­o le swinging doors, le porte oscillanti da saloon. Quelle che si vedono nei film Western, insomma. Le abbiamo avute per 15 anni, ci permettera­nno di mantenere ancora più areato il locale. A parte che noi, già di norma, ricambiamo l’aria 18 volte l’ora». La sala al piano superiore, invece, sarà fruibile solo per cene importanti, per trenta o quaranta persone. E chi tornerà ad animare quella sala fatta di legno e storia, quasi fosse intaccato dal passare del tempo? «Saranno i miei clienti, e basta – afferma Cipriani – Chi viene, entra perché il locale lo conosce. Gli americani, è inutile ripeterlo, non ci sono. La maggioranz­a degli avventori sarà italiana e veneziana. Del resto, così è stato all’”Harry’s dolci”, il ristorante in Giudecca che fa centocinqu­anta coperti al giorno». Il ristorante, infatti, aveva già aperto a fine maggio quando si dibatteva sui metri di distanza da mantenere tra un tavolo e l’altro. «Ancora adesso, trovo tutto eccessivo – conclude Cipriani – Il virus circola ancora, ma la mia idea è che si voglia tenere in piedi la paura». Ma nelle settimane in cui la cultura torna a diffonders­i per Venezia e la Mostra del Cinema anima il Lido, non poteva mancare all’appello un pezzo di storia della città. Sentiremo di nuovo, passando per l’angolo di calle Vallaresso, le voci degli avventori dell’Harry’s Bar trapelare dalle inferriate nero gialle.

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