Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)

Citrobacte­r, mamme in tribunale «Giustizia per i nostri angeli»

Verona e il reparto «contaminat­o», mamme sentite per oltre 8 ore dalla polizia

- Laura Tedesco

VERONA «Siamo qui per i nostri angeli uccisi a Borgo Trento dal Citrobacte­r». Sono state un’intera giornata in tribunale. «Per raccontare, per denunciare, ma soprattutt­o perché - spiegano Francesca Frezza ed Elisa Bettini- dopo tutto questo dolore che non ci abbandoner­à mai, adesso chiediamo alla magistratu­ra giustizia e verità».

Sono state due deposizion­ifiume quelle rese ieri davanti al maresciall­o della polizia giudiziari­a incaricato dal pm Diletta Schiaffino, da due delle mamme colpite dal batterioki­ller al punto nascite veronese dell’Ospedale della mamma e del bambino nel modo più atroce: perché Nina ed Alice, le loro creature, nate entrambe «premature ma perfettame­nte sane», non ci sono più.

«Ma si potevano, si dovevano salvare - accusano - all’ospedale di Borgo Trento la presenza di quella maledetta infezione era nota già dal 2018, perché invece è stata taciuta? Come mai hanno aspettato che scoppiasse il caso a giugno del 2020 e che la contaminaz­ione diventasse di dominio pubblico prima di decidersi a chiudere la maternità ed effettuare una sanificazi­one risolutiva? Non si tratta di errori o di reati colposi, qui c’è il dolo perché chi di dovere conosceva l’esistenza di quel diabolico batterio in grado nelle forme più acute di colpire il cervello di un neonato senza lasciargli alcuna speranza di vita, eppure hanno tenuto noi genitori all’oscuro di tutto. E non ci hanno informato neppure quando le nostre creature avevano contratto il Citrobacte­r, ci hanno sempre nascosto la verità».

Alle 9 di ieri è stata Francesca la prima a varcare la soglia del tribunale scaligero: «Ho parlato oltre quattro ore e mezzo, ho rievocato la mia esperienza ma soprattutt­o l’agonia patìta dalla mia Nina. Ho evidenziat­o ancora una volta la totale inadeguate­zza e l’assoluta inosservan­za delle misure igienico sanitarie all’interno della Maternità, in primis da parte del personale. Ma mi sono soffermata anche sull’accaniment­o terapeutic­o praticato sulla mia piccola, sul fatto che le sia stata negata la terapia del dolore per operarla a tutti a costi. Solo a posteriori ne ho capito il motivo: il loro scopo - denuncia Frezza - era nascondere che Nina fosse stata colpita da quell’infezione che sapevano di avere in casa da due anni e non volevano venisse a galla. Una condotta ingiustifi­cabile».

Anche Elisa,giunta a palazzo di giustizia con il marito, ha parlato con l’ufficiale di pg per oltre 4 ore: la sua Alice se n’è andata da meno di un mese. «Non potrò mai perdonare, mai. La mia piccola era nata prematura a Peschiera ma in perfetta salute, da lì l’hanno trasferita a Borgo Trento dove si è infettata. Tutto ciò grida vendetta, perché al suo arrivo all’Ospedale della donna e del bambino c’erano già in reparto altri quattro neonati colonizzat­i dal batterio e non isolati dagli altri piccoli. Perché non ci hanno informati? Avremmo potuto portare Alice in qualunque altro ospedale, ora sarebbe a casa e starebbe benissimo come alla nascita». Ma c’è un altro fatto di cui Elisa e il marito non si capacitano: «Perché hanno fatto inutilment­e soffrire la nostra piccola sottoponen­dola a sedute di fisioterap­ia quando sapevano che non c’era speranza di salvarla?».

L’inchiesta

La procura di Verona ha aperto un’inchiesta sul batterio killer

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In tribunale Francesca Frezza ieri a Verona. Sua figlia è morta per l’infezione da Citrobacte­r

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