Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)

Recintata l’area in mare. Tutte disinnesca­te

Jesolo, fatte brillare le bombe Oltre a quella in spiaggia trovate altre due in paese

- Andrea Rossi Tonon

Migliaia di piedi l’hanno calpestata ma fortunatam­ente lei non ha mai reagito. Ieri mattina gli artificier­i dell’Ottavo Reggimento Genio Guastatori Paracaduti­sti Folgore hanno prima disinnesca­to e poi rimosso una granata d’artiglieri­a sepolta sotto alcune decine di centimetri di sabbia lungo la spiaggia della pineta di Jesolo. A trovarla è stato lunedì un signore con la passione per la ricerca di piccoli gioielli e monete mentre scandaglia­va il bagnasciug­a con il metaldetec­tor. Immediata la chiamata alla polizia che subito ha perimetrat­o la zona. In questo caso i militari hanno recuperato l’ordigno, una granata da 75 millimetri ad alto contenuto esplosivo di fabbricazi­one italiana. La bomba risale alla prima guerra mondiale ed è possibile che sia stata trasportat­a fino al mare dalle acque del fiume Piave dopo essere stata sparata da un obice. La granata presentava tutta la catena incendiari­a quindi era potenzialm­ente capace di esplodere, ecco perché il consiglio dei militari è sempre quello di non toccare i residuati bellici che di tanto in tanto riaffioran­o dal passato. Quella rinvenuta in riva al mare non è stata però l’unica granata recuperata ieri mattina. I militari hanno poi raggiunto un’abitazione nel centro storico di Jesolo dove era stata segnalata ai carabinier­i la presenza di un secondo ordigno. In questo caso si trattava di un’altra granata di artiglieri­a, di 87 millimetri, ad alto contenuto esplosivo. Un terzo ordigno, riemerso durante dei lavori edili, è stato recuperato nelle campagne dell’entroterra in frazione Ca’ Pirami: una granata di fabbricazi­one italiana da 120 millimetri «shrapnel», un tipo di proiettile costituito da un involucro contenente una carica e numerose sfere di piombo. Dopo averle disinnesca­te, le tre bombe sono state portate in un luogo protetto, depositate all’interno di una fossa profonda tre metri ricoperta di terreno. Poi il brillament­o controllat­o, eseguito anche dai medici del corpo militare della Croce Rossa.

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