Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
IL GOL CHE APRE LA PARTITA
In quel gomitolo di «linee guida» che ha caratterizzato l’Italia del Covid, pochi sono riusciti finora a capire quali regole siano state scritte per lo sport e la riapertura degli stadi. Dall’estate ogni evento ha goduto di deroghe o trattamenti particolari, spesso differenti tra le varie regioni, e ognuno ha cercato di infilarsi nelle pieghe dei dpcm. Una sola è stata la certezza, caduta ora con le ordinanze firmate da Stefano Bonaccini in Emilia Romagna e Luca Zaia in Veneto: il calcio gioca a porte chiuse. Crollato il divieto, apriti cielo. Il braccio di ferro nel governo, e tra il governo e le istituzioni calcistiche, è stato sorpassato dall’asse tra due governatori che si parlano, si stimano e si appoggiano ben più di quello che suggerirebbe il differente colore politico.
Questo ha scatenato la corsa alla prudenza: il ministro Boccia ha edulcorato, smussato gli angoli, mentre dal ministero della Salute facevano sapere che la Figc conosce benissimo le tempistiche previste, e quello dello Sport prendeva tempo.
Ma Bonaccini e Zaia sono fabbri, non liutai. Lavorano materiali concreti, a volte incandescenti, lasciano ad altri le finezze politiche. E anche sul calcio di sostanza ce n’è molta. I tifosi continuano a chiedersi perché hanno potuto rischiare di ammalarsi per tutta l’estate andando in spiaggia o in discoteca, ma non possono entrare in un impianto sportivo ipercontrollato — per davvero — dove l’obbligo di stare a distanza e con la mascherina è garantito da protocolli, telecamere e steward. Un tema sul quale i governatori hanno bypassato gli equilibrismi del governo, che ha agganciato il calcio alla scuola e non alle attività produttive quale lo sport professionistico ritiene di essere, firmando la deroga a mille ingressi su invito poi aperta a tutti. Quando due mesi fa il governatore emiliano apriva al pubblico le manifestazioni appena conquistate per la sua regione — due tappe del Motogp a Misano, la Formula 1 a Imola, a cui s’è poi aggiunto il mondiale di ciclismo — il mondo del calcio aveva risposto in modo tiepido. Ci sono dinamiche complesse — l’equità competitiva, i rapporti dei club tra loro e con la Figc — a fare da scenario alle scelte sulle riaperture. Dal Bologna Fc in giù, nessuna società aveva seriamente pensato di cominciare il campionato con il pubblico, anche se dietro le quinte tutte ci stavano lavorando. L’ad della Lega Calcio Luigi De Siervo aveva preparato un dossier di 300 pagine sulla sicurezza negli stadi. Ma il governo non ne ha voluto sapere. E ora la serie A chiede chiarezza. Il tema sono gli afflussi e deflussi, sui quali ci sono dubbi da fugare prima di arrivare alla luce verde per la riapertura al 30% della capienza richiesta dalle società.
Ma questi primi Mille (invitati) sono destinati a lasciare un’impronta profonda. È una crepa, se non una breccia, sul muro che tiene i tifosi lontano dagli stadi. Non risolvono certamente le sofferenze finanziarie dei club, specialmente di quelli più piccoli, ai quali poi toccherà il lavoro più gravoso: riportare la gente negli impianti. La Supercoppa di basket — nessun sold out nonostante la capienza ridottissima dei palasport — ha dimostrato quante sono le difficoltà: paura del contagio, pagare un biglietto per un’esperienza molto diversa dal solito, disagi, mascherina indossata per due ore, niente curve e niente tifo, distanza dagli amici con i quali si amava condividere la partita, bar chiusi. Non necessariamente in quest’ordine. Servono idee, pazienza, un progressivo allentamento degli stringenti protocolli. Ma il calcio gode di un vantaggio di popolarità rispetto alle altre discipline.
Intanto è arrivato un segnale atteso, politico, necessario. Una fetta del Paese aspettava risposte da mesi. Si chiedeva perché gli untori sarebbero potuti essere negli stadi, e non nei bar, negli autobus, nelle manifestazioni di piazza. Si chiedeva quando sarebbe stato possibile pensare alla ripartenza di un settore sostanzialmente dimenticato e per il quale alcune federazioni hanno chiesto al Coni una regia coesa e attiva. Con un ostacolo in meno sulla strada della riapertura, i tifosi e le società di calcio aspettano ora la risposta del governo per una ripartenza vera.