Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
Taxi, «carte false» per la licenza denunciati il titolare e la figlia
Truccati i registri, sequestrato il mezzo. Indagini dei carabinieri anche su altri casi
VENEZIA Sembrava avesse tutte le carte in regola per stare al timone di un taxi acqueo tra i canali di Venezia: non mancava nulla, dai certificati fino ai titoli professionali per la guida, al punto che era pronta a «ereditare» la licenza di trasporto dal padre tassista, ormai prossimo alla pensione. E invece era tutto «truccato».
Nei guai sono finiti una veneziana di 37 anni, assieme al genitore di 67, dopo che i carabinieri hanno scoperto che avevano architettato uno «stratagemma» per mantenere in famiglia il redditizio affare del trasporto di persone in laguna, invece di restituire la licenza al Comune. Dalle indagini è emerso che la 37enne aveva affrontato gli esami professionali, senza però aver completato la formazione e i periodi di «praticantato» a bordo previsti dalla legge. Anche se figurava essere stata sempre al lavoro sul motoscafo del padre nel periodo obbligatorio, la donna si trovava effettivamente a bordo soltanto in alcuni dei giorni dichiarati ufficialmente. In altri, l’imbarcazione era stata alata in un capannone, ma la 37enne risultava comunque imbarcata.
La contraddizione è emersa durante le verifiche dei militrebbero tari sui «ruolini di equipaggio» – i registri in cui risultano le persone imbarcate durante il servizio, sostituzioni incluse – che i due avevano «truccato» ad hoc con una serie di falsi che hanno tratto in inganno l’Autorità marittima. Una sorta di «scorciatoia» per adempiere alla regola delle ore di navigazione obbligatorie anche senza essere in barca: potenzialmente dal divano di casa propria o da un altro luogo di lavoro. Per i due veneziani le dichiarazioni «artigianali» sono sfociate in una denuncia per il reato di falsa attestazione a pubblico ufficiale.
Ieri mattina, inoltre, il motoscafo, di proprietà del 67enne, è stato messo a terra ed è stato posto sotto sequestro preventivo dal gip lagunare, assieme all’autorizzazione per taxi, alla licenza di navigazione e ai titoli professionali della figlia. Le indagini non sono però concluse. La pista seguita dai carabinieri sembrerebbe condurre molto più a fondo e potrebbe scoperchiare un vero e proprio «vaso di Pandora» in salsa lagunare. I due denunciati poessere la «punta dell’iceberg» di un malcostume diffuso nella dichiarazione di falsi periodi di imbarco nel «ruolino di equipaggio», non solo tra familiari. Gli elementi raccolti finora sembrano delineare che altri professionisti a Venezia siano in possesso di titoli di guida ottenuti indebitamente, con sistemi simili.
Nel mirino dei carabinieri ci sarebbero già delle persone che, con lo stesso sistema farebbero «carte false» per far risultare periodi di navigazione inesistenti nei curriculum dei marittimi, dietro la richiesta di un compenso. Tradotto: soldi in cambio di giorni di servizio a bordo scritti nel «ruolino». Lo scopo è chiaro: con l’esperienza aumentano i punti in graduatoria nel caso di un eventuale bando pubblico per nuove licenze, il che permetterebbero così ad alcuni aspiranti di scavalcare in graduatoria i colleghi che si limitano a lavorare per le sostituzioni canoniche. Tutto per riuscire ad ottenere una delle ambite licenze per taxi. Un bottino che in alcuni casi di arriva a un valore commerciale di svariate centinaia di migliaia di euro per chi poi decide di cederlo.