Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
Contagi oltre la soglia d’allarme «Stop al pubblico negli stadi»
L’alt del Comitato scientifico, ma l’ordinanza di Zaia resta valida
VENEZIA Sale sopra il livello di allarme di 1 la curva del contagio (Rt) da Covid-19 nel Veneto, giunta a 1.01, contro una media nazionale di 0,95. Significa che ogni infetto può contagiare un’altra persona e poco consola il fatto che la stessa situazione si registra in altre undici tra Regioni e Province autonome d’Italia, partendo da Liguria con 1.31, Bolzano con 1.28 e Trento, con 1.24. Sotto l’1 invece Lombardia (o.75), Emilia Romagna (0.78) e Piemonte (0.96).
Nelle ultime 48 ore il Veneto ha registrato 454 nuovi casi (per un totale di 26.883 da febbraio) e quattro vittime, che complessivamente salgono a 2176. Le persone in isolamento sono 9.314, contro le 9051 di venerdì (+263), mentre i ricoveri salgono a 202 in area non critica (+56) e a 21 (+3) in Terapia intensiva. E infatti l’ultimo report del ministero della Salute indica un aumento tra il 4% e il 5% delle degenze in Malattie infettive e Pneumologia e del 2%-3% in Terapia intensiva e avverte: il 76% dei contagi avviene in famiglia. Ma c’è anche una crescita del 6,3% dei focolai associati ad attività ricreative e del 5,6% per quelli relativi all’ambito lavorativo. Dal 21 febbraio sono stati eseguiti 1.866.163 tamponi, 16.415 solo venerdì. Ripete il professor Giovanni Rezza, direttore generale della Prevenzione al ministero della Salute: «Si devono mantenere comportamenti prudenti, soprattutto evitando in tutti i modi assembramenti che possano mettere a rischio la salute degli individui e delle comunità e mantenendo il distanziamento fisico».
Alla luce di tutto ciò, ieri il Comitato tecnico scientifico nazionale ha analizzato il documento predisposto dalla Conferenza delle Regioni per la partecipazione del pubblico alle manifestazioni sportive, sconsigliando la riapertura di stadi e palasport ai tifosi. «Per quanto riguarda la partecipazione del pubblico agli eventi delle discipline sportive e delle diverse serie, confermando che essi rappresentano la massima espressione di criticità per la trasmissione del virus anche in considerazione dell’avvio dell’anno scolastico — scrivono gli esperti del Cts — sulla base degli attuali indici epidemiologici, si ritiene che non esistano, al momento, le condizioni per consentire negli eventi all’aperto e al chiuso la partecipazione degli spettatori nelle modalità indicate dalle Regioni. Pur comprendendo le aspettative di un ritorno graduale degli spettatori alla fruizione in presenza degli eventi sportivi, si ritiene che la proposta delle Regioni potrà essere riconsiderata sulla base del monitoraggio di impatto (sulla pandemia) delle riapertura delle scuole».
Ma cosa succede nelle Regioni che hanno già riaperto al pubblico stadi e palasport? Nel Veneto l’ordinanza firmata dal governatore Luca Zaia il 19 settembre scorso, che autorizza fino a mille tifosi all’aperto e fino a 700 al chiuso, resterà in vigore fino al 3 ottobre. «Per ogni evento autorizanche zato dalle norme in vigore resta imprescindibile assicurare la prenotazione e la pre-assegnazione del posto a sedere con seduta fissa — avverte il Cts — il rigoroso rispetto delle misure di distanziamento fisico di almeno un metro, l’igienizzazione delle mani e l’uso delle mascherine».
Ora sta al governo recepire o meno le indicazioni del Cts e a Zaia rinnovare o meno l’ordinanza. Intanto gli scienziati studiano l’evoluzione della pandemia. «Con le riaperture, i viaggi, le vacanze e la ripresa della vita sociale il virus ha ricominciato a circolare e ora è favorito dall’abbassarsi delle temperature — ragiona la professoressa Antonella Viola, immunologa e direttore scientifico dell’Istituto di ricerca pediatrica «Città della Speranza» di Padova — non era pensabile che l’Rt rimanesse vicino allo zero. In questo momento però la situazione è sotto controllo, si riescono a tracciare i contatti dei soggetti positivi al tampone, ma dopo aver riavviato scuole e Università non possiamo riaprire altro. Anzi, sarebbe meglio pensare a qualche regola più severa, se non vogliamo ritrovarci a dover chiudere di nuovo tutto. Mi riferisco all’obbligo di mascherina anche all’aperto — chiarisce Viola — a evitare eventi, a sconsigliare feste e riunioni tra parenti non conviventi, dato che il 76% dei contagi oggi avviene in famiglia. Non ci troveremo mai più nelle condizioni di marzo, ma dobbiamo contenere i contagi, per scongiurare nuove zone rosse»