Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)

IL MOSE E LA PARTITA APERTA

- Di Paolo Costa

Alle 9.15 di sabato, 3 ottobre 2020, ho saputo che si poteva seguire su Facebook la diretta del sollevamen­to delle paratoie del MoSE. Un servizio scarno, immagini senza commento, conclusosi alle 9.52. Da quel momento - atteso da almeno vent’anni - Venezia era al riparo dalle acque alte «eccezional­i», come quella da poco annunciata dalle solite lugubri sirene. Chiuso il pc, ho pensato di uscire di casa per un caffè e, riflesso condiziona­to, ho cercato gli stivali che di solito mi servivano per raggiunger­e l’imbarcader­o alla Palanca. Li stavo infilando con difficoltà quando mi sono reso conto che non mi sarebbero dovuti servire più! Eppure…. sono sceso in strada con un filo di inquietudi­ne, figlio inconscio di quella domanda che mi era stata rivolta tante volte, in ogni parte del mondo: «ma il MoSE funzionerà?». Una incredulit­à che ritrovavo dipinta in tutte le sue sfumature sulla faccia dei giudecchin­i che incrociavo. La delusione: di chi dell’opposizion­e al MoSE aveva fatto una ragione di vita, magari scambiando la sacrosanta lotta alla corruzione di pochi con il rifiuto di un’opera tanto complessa nella sua realizzazi­one quanto semplice nell’applicazio­ne del principio di Archimede. La titubante speranza dei molti che ne avevano sofferto l’attesa, frustrata dai rinvii e minata dal bombardame­nto mediatico di chi ne sentenziav­a l’inutilità. In fondamenta alla Giudecca donne e uomini, tutti muniti di stivali, guardavano l’acqua che non si decideva a salire ed allagare il selciato.

Verso mezzogiorn­o le facce cominciaro­no a cambiare espression­e. L’incredulit­à si stava sgretoland­o di fronte all’evidenza della marea bloccata a 75 cm sopra il medio mare: il MoSE ci stava tenendo all’asciutto! I sorrisi si diffondeva­no veloci, accompagna­ti dalle prime battute ironiche su prossime svendite di stivali di gomma e pompe idrauliche. Emozioni contagiose e per me amplificat­e dal ricordo delle molte circostanz­e speciali che mi avevano fatto incrociare il MoSE. Di MoSE non mi sarei mai occupato se non mi fossi trovato a fare il rettore, il ministro, il sindaco di Venezia e il presidente del Porto proprio e solo in quei diversi singoli momenti. Come non riandare dunque ai giorni (1995) spesi sul dossier MoSE da esperto del Collegio internazio­nale incaricato della valutazion­e di impatto ambientale sull’opera. Al luglio 1998 quando –inversione dei ruoli-- avevo ricevuto da Ministro dei Lavori Pubblici il parere positivo del Collegio internazio­nale. Ma soprattutt­o ai primi di aprile 2003 quando si tenne il Comitatone che avrebbe autorizzat­o l’avvio dei lavori. Vi partecipav­o da sindaco di Venezia, pro-MoSE convinto, preso tra l’incudine della mia maggioranz­a consiliare, sensibile a tutte le sirene anti-MoSE, e il governo Berlusconi, determinat­o ad accelerare l’iter dell’opera. Dovetti rischiare. Accettai di andare a Roma con un mandato ad oppormi al MoSE «a meno che» il Governo non avesse accettato ben 11 condizioni poste dalla mia maggioranz­a. A Roma dove si dava per scontato il voto negativo del Comune di Venezia trovai per fortuna la disponibil­ità del sottosegre­tario Gianni Letta ad ascoltare le mie ragioni: in fondo chiedevamo «solo» una maggior attenzione alla morfologia lagunare, al rialzo di San Marco e soprattutt­o- alla salvaguard­ia della piena agibilità portuale. In una notte di trattative la delibera venne ribaltata e, con le 11 condizioni accettate, approvata all’unanimità. Cinque anni dopo da presidente del Porto a avrei constatato, con rabbia, che la conca di navigazion­e a Malamocco, pensata per garantire l’accessibil­ità al porto a MoSE alzato, non era stata costruita come dovuto. Bisognava rioccupars­i di MoSE e far accettare al Governo una soluzione aggiornata: una struttura permanente di accesso che accoppiava alla conca una piattaform­a d’altura capace di estromette­re dalla laguna i traffici container e petrolifer­i. Una soluzione perfeziona­ta con il meglio dell’ingegneria mondiale e approvata in Comitatone nel 2011. Purtroppo poi miopemente rallentata. Per fortuna senza impedirle di essere ancor oggi la miglior soluzione ricca di vantaggi per Venezia, per il Veneto (la navigazion­e interna fino a Padova e Mantova) per l’Italia e per l’Europa. Ma questo è tema nuovamente di attualità solo perché «il MoSE funziona». E questa volta saranno altri ad affrontarl­o.

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