Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)

«I figli con due mamme sono fratelli»

Due donne unite civilmente avviano una causa per riconoscer­e il legame

- Andrea Priante

VERONA Due veronesi, unite civilmente e con due figli, hanno avviato una causa in tribunale perché riconosca il legame di «fratellanz­a» che unisce i bambini. Ciascuna delle donne ha infatti dato alla luce un maschietto (il seme è di un donatore anonimo) e poi avviato la stepchild adoption. Per lo Stato, pur avendo le stesse mamme, i bimbi non sono neppure parenti. Le mamme chiedono quindi ai giudici di ufficializ­zare il fatto che sono fratelli.

VERONA «Ho due fratelli. Sono sempre stati la mia forza, il simbolo di un amore incondizio­nato. Mi piacerebbe che per i nostri figli fosse lo stesso, perché crescendo si facciano forza a vicenda nei momenti difficili». Elena ha 34 anni, è un’operaia veronese che dal 2010 è fidanzata con una ragazza di un’anno più giovane, pure lei veronese e pure lei di nome Elena, anche se tutti la chiamano «Né».

Si sono unite con rito civile il 3 febbraio del 2018 ma già nel gennaio del 2017 era nato il loro primo figlio. Elena è la madre biologica (il donatore del seme è rimasto anonimo) e Né l’ha legalmente adottato perché - recitava la sentenza - «il piccolo percepisce entrambe come delle figure materne». Fu la prima stepchild adoption della provincia di Verona.

Nel 2018 è toccato al la 33enne dare alla luce un altro maschietto e stavolta è stata la compagna ad avviare la causa di adozione. La sentenza del tribunale dei minori di Venezia è attesa in queste settimane ma il giudice è chiamato a spingersi ben oltre il riconoscim­ento di Elena come mamma del piccolo. La coppia, infatti, ha chiesto al magistrato di sancire anche il «vincolo di fratellanz­a» tra i loro due bambini. Al momento, infatti, per la Legge i piccoli - pur risultando avere gli stessi genitori - non sono neppure parenti, tanto meno fratelli. Un vuoto normativo che, ancora una volta, saranno i giudici a dover colmare.

Si tratta di una delle prime cause di questo tipo in Italia. «Esiste un unico precedente: pochi mesi fa il tribunale di Bologna ha riconosciu­to la “fratellanz­a” nell’ambito di una vicenda molto simile» spiega Valentina Pizzol, la legale che con il collega Umberto Saracco assiste le due veronesi nella loro causa di fronte allo Stato.

"Acquisiran­no gli stessi diritti e doveri dei figli delle coppie eterosessu­ali

Per la coppia non si tratta soltanto di una questione di principio. «Dopo la nascita del nostro primogenit­o - racconta Elena - fu necessario trasferirl­o per qualche giorno in terapia intensiva. Inizialmen­te a Nè fu vietato di vederlo perché non era la madre biologica e noi ancora non eravamo unite civilmente. Fu angosciant­e. Quel giorno ho giurato a me stessa che avrei fatto di tutto perché ci fossero assicurati gli stessi diritti di tutte le altre famiglie».

E in questi anni le due ragazze hanno tagliato molti traguardi che le hanno portate a formalizza­re sempre più il loro rapporto. Sia in tribunale - con il riconoscim­ento della stepchild adoption - che fuori dalle aule, con la loro unione celebrata in Comune. «Non è stato facile - racconta Né - e anche per questo mytivo abbiamo deciso di aprire il nuovo fronte legale: così i nostri bambini avranno una battaglia in meno

"Ciascuno di loro, avrà per sempre due genitori e un fratello che lo ama

da combattere, quando saranno più grandi».

Mentre le due donne raccontano la loro storia, i figli sono all’asilo. «Lo sappiamo che non sarà la sentenza di un giudice a cambiare il loro rapporto», spiega Né. «Perché sono già due fratelli. Il più piccolo non va a dormire se il maggiore non gli dà un bacio; e l’altro è il primo a ricoprirlo di carezze e di attenzioni quando si fa male. Giocano, litigano. Dal punto di vista psicologic­o, la decisione del tribunale non può incidere su ciò che già sono».

Ma sotto il profilo giuridico, il legame di fratellanz­a ha un certo valore. «Acquisiran­no gli stessi diritti e doveri che, di fronte alla Legge, regolano i rapporti tra fratelli», spiega Pizzol. «Dall’obbligo di assistenza familiare all’ingresso nell’asse ereditario, solo per fare qualche esempio».

Ma quella che si sta discutendo nel tribunale per i minorenni di Venezia è soprattutt­o una causa simbolica, per vedere riconosciu­ta una volta di più la parità tra le famiglie «tradiziona­li» e quelle omosessual­i. «Se il giudice ci darà ragione - conclude Né - si toglierà di mezzo un pretesto a chi, in futuro, volesse tentare di sostenere che i nostri figli sono diversi dagli altri solo perché hanno due mamme invece che una madre e un padre. Ciascuno di loro avrà due genitori che lo amano e un fratello che lo accompagne­rà nella vita».

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 ??  ?? Tutti insieme Elena e la sua compagna «Né» con, al centro, i loro due bambini: per lo Stato non sono «fratelli»
Tutti insieme Elena e la sua compagna «Né» con, al centro, i loro due bambini: per lo Stato non sono «fratelli»

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