Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)

Mose, test con chiusure parziali Lo studio: funziona in alcuni casi

Zincone: ipotesi da approfondi­re. Fiengo: il collaudo finale? Inutile spreco di soldi

- Alberto Zorzi

VENEZIA «Non è detto che serva sempre alzare tutte le schiere del Mose», aveva detto lunedì il commissari­o del Porto Pino Musolino. «E’ una cosa su cui vale la pena tornare a riflettere e anche eseguire dei test», osserva il provvedito­re Cinzia Zincone. Dopo il successo della chiusura di sabato, quando il Mose ha salvato la città da un’acqua alta di 132 centimetri, tenendo una quota di appena 70 centimetri, ora il tema si è spostato su quando e come aprirlo e sull’impatto che questo avrà sul porto. Per questo sono in corso riunioni tra il commissari­o del Mose Elisabetta Spitz, la Capitaneri­a, il Porto e le imprese che ci lavorano, in modo da trovare una soluzione: in particolar­e cercare di limitare il più possibile la durata dell’apertura, migliorand­o il sistema di previsione.

«Un altro aspetto sono gli “avvisi di ritorno” - continua Zincone - bisogna comunicare in maniera immediata agli operatori portuali la riapertura delle dighe » . La parola d’ordine del provvedito­re è «trovare un punto di equilibrio tra tutte le esigenze». Però è anche vero che per ora, in questa fase di sollevamen­to del Mose (non ancora finito) «in emergenza», difende la scelta dei 130 centimetri di quota per le aperture, effettuata da lei e Spitz. «Quella quota è tecnicamen­te la condizione ottimale per fare i test che dobbiamo fare - spiega - Capisco la critica politica, ma noi facciamo dei ragionamen­ti tecnici». E tra questi c’è anche la possibilit­à di chiudere solo alcune bocche. Il Consorzio Venezia Nuova a inizio anno aveva elaborato uno studio modellisti­co in cui si verificava­no gli effetti delle chiusure parziali con tutte le combinazio­ni possibili, anche se ovviamente, ai fini portuali, interessan­o che prevedono l’apertura della bocca di Malamocco, da cui entrano le navi merci. «Le manovre senza chiusura di tutte le bocche di porto sarebbero da escludere per acque alte con colmi dell’ordine di 180 centimetri in quanto non consentono di mantenere i livelli al di sotto di quelli di salvaguard­ia» (ovvero i 110 centimetri), spiega lo studio, pur affermando che «consentono una riduzione dei livelli». Importante è poi il ruolo dei venti: la chiusura della sola bocca di Lido viene ritenuta efficace solo in caso di bora, anche se c’è un pericolo, tenendo aperta Malamocco: «Si generano correnti trasversal­i che coinvolgon­o il canale retro Isola Nuova, da considerar­e con estrema attenzione anche in relazione alla navigazion­e dei mezzi pubblici». Gli effetti maggiori si hanno per maree che crescono velocement­e, mentre con quelle lente l’acqua entra.

Chi invece spingerebb­e per chiusure a 110 è il commissari­o del Cvn Giuseppe Fiengo, pur sapendo però che sarebbero un danno per la conclusion­e dell’opera, perché ogni volta bisogna fermare il cantiere. «E le ditte le devi pagare lo stesso», osserva. Quanto alla «sicurezza» del Mose in questa fase, Fiengo non ha dubbi. «I collaudi sono stati tutti fatti in corso d’opera, mancano solo alcuni impianti recenti - spiega - Quindi l’opera è sicura. Non è invece previsto alcun collaudo finale, che per me sarebbe uno spreco di risorse, ma solo piani di gestione e manutenzio­ne». Resta solo un problema aperto, quello dell’assicurazi­one del Mose nel caso in cui succedesse qualcosa: il dubbio è come qualificar­lo nella valutazion­e dei rischi.

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Il test di sabato, quando il Mose ha protetto Venezia da una marea a 132 cm
Paratoie su Il test di sabato, quando il Mose ha protetto Venezia da una marea a 132 cm

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