Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)

In nero per 16 anni Seicentomi­la euro di stipendi arretrati

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VENEZIA Nel 1980, quando aveva poco più di trent’anni, era stata assunta come impiegata contabile in una piccola ditta di legname di Pianiga. Ma già nel 1985, dopo essere rimasta incinta, il titolare ne simulò il licenziame­nto, salvo poi continuare a farla lavorare in nero. E così era andata avanti fino al 2001, quando poi era formalment­e «rientrata al lavoro», passando di azienda in azienda, quando se ne era andata in pensione con una liquidazio­ne relativa solo a un piccolo periodo in cui era stata contrattua­lizzata. Ma il giudice del lavoro Anna Menegazzo, nei giorni scorsi, ha emesso una sentenza pesante nei confronti della coppia di imprendito­ri che aveva avuto alle loro dipendenze per oltre trent’anni una donna veneziana, che li costringer­à a pagare, con gli interessi e le rivalutazi­oni, la bellezza di 600 mila euro, in parte per le retribuzio­ni arretrate, in parte per il Tfr mai versato.

«Gli elementi istruttori acquisiti in giudizio consentono di ritenere accertato che la ricorrente proseguì nell’espletamen­to dell’attività lavorativa a favore dei resistenti senza sostanzial­i modifiche dal 1985 fino al 1991 presso l’unità produttiva di Pionca, nonostante la completa assenza di regolarizz­azione - scrive il magistrato nella sentenza - nonché nel periodo successivo in cui l’attività venne svolta presso la propria residenza in cui erano confluiti documenti, mobili e strumenti della ditta». La donna, con il suo avvocato Enrico Cornelio, aveva portato in causa testimonia­nze e documenti per dimostrare che in quegli anni aveva redatto i registri di proprio pugno ed era andata in banca. Il giudice ha riconosciu­to che in questo periodo la dipendente in nero aveva lavorato a tempo pieno e, sulla base di una perizia da lei disposta, ha condannato le tre aziende a versarle rispettiva­mente 42 mila, 117 mila e 25 mila euro, che però essendo passati tantissimi anni, grazie a interessi e rivalutazi­oni si sono moltiplica­ti nell’astronomic­a cifra di quasi 600 mila euro. (a. zo.)

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