Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
Isolamenti a quota 2.270 quarantene anche negli hotel Proteste per i ricoveri a Noale
Controlli dei vigili nelle case della comunità bengalese
MESTRE «Sono emerse molte nuove positività negli ultimi giorni ma stiamo collaborando per limitare il contagio». Kamrul Syed, responsabile dell’associazione Venice Bangla School e tra i portavoce della comunità bengalese, è in prima linea per cercare di interrompere la catena di contagio che sta investendo i suoi connazionali. Lunedì, la stessa comunità, parlava di 160 casi e i numeri sarebbero cresciuti. Per questo la collaborazione con Usl 3 e istituzioni è diventata più fitta. Ieri, Syed e altri rappresentanti della comunità hanno incontrato l’assessore alla coesione sociale Simone Venturini e il comandante della polizia locale Marco Agostini. Sono state ribadite le norme di prevenzione basilari ed è stato preannunciato che i vigili faranno controlli puntuali nelle case per verificare che le persone rispettino la quarantena. La questione è però delicata: diverse famiglie bengalesi condividono l’appartamento con altri nuclei e in alcune abitazioni ci sono anche 8 persone. Difficile isolarsi senza passarsi il virus. «Alcuni miei connazionali si sono trasferiti in albergo per passare la quarantena», spieturisti ga Syed. La questione non investe però solo la comunità bengalese. Se aumentano i contagi crescono anche le persone in quarantena oltre a quelle in isolamento: quest’ultime sono 2.270, due settimane fa erano 1470. Non tutti però hanno la possibilità di passare in sicurezza la quarantena a casa, che siano turisti o famiglie in difficoltà. Per i scovati positivi in aeroporto o nei giorni successivi, ci sono alberghi che hanno siglato un accordo con il sistema sanitario. Ospitano i viaggiatori positivi per il periodo di quarantena: l’utente paga di sua tasca circa 50 euro al giorno per vitto e alloggio. Il servizio è previsto anche per i residenti che per motivi personali (per esempio un familiare immunodepresso) non vogliono o non possono stare a casa. La cifra, se il periodo di quarantena si protrae, può essere però esosa. Intorno a due casi che riguardano il problema quarantena, ieri è divampata la polemica. Due persone, in fase di dimissione da strutture ospedaliere, sono state trasferite nell’ospedale di comunità di Noale. «È una scelta pericolosa perché la struttura di Noale non è attrezzata a trattare questa tipologia di pazienti vista la vocazione ambulatoriale – denuncia la Cgil - nella stessa area dove si trova l’ospedale di comunità c’è anche l’Unità territoriale riabilitativa che segue pazienti anziani. Inserire casi covid in tale contesto significa aumentare il pericolo di contagio». A rincarare la dose Gabriele Scaramuzza, segretario regionale di Articolo Uno. «L’ospedale di comunità non prevede la continuità dell’assistenza da parte del personale medico H24. Già in primavera si verificò un cluster nell’ospedale di Noale». «Sono le indicazioni regionali a prevedere che gli ospedali di comunità accolgano i pazienti positivi clinicamente guariti – replica il direttore sanitario dell’Usl 3 Michele Tessarin - La scelta di trasferire dall’ospedale di Mestre all’ospedale di comunità di Noale un paziente clinicamente guarito ma ancora positivo al tampone è perché a casa dello stesso paziente non ci sono le condizioni adatte al contenimento di un eventuale contagio».