Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)

«Con questo Dpcm torna la paura»

Chi è preoccupat­o non spende né investe E il 38% dei veneti pensa sia «dittatura sanitaria»

- Martina Zambon

«Escluderei un nuovo

VENEZIA lockdown». Il premier Giuseppe Conte usa il condiziona­le. Al massimo, aggiunge, si prevede «qualche lockdown circoscrit­to». Questo, più il giro di vite previsto dall’ultimo Dpcm, basta e avanza per far virare al nero l’umore delle categorie economiche in Veneto. Locali-Cenerentol­a chiusi entro mezzanotte, niente sosta all’esterno e quello smart working da far arrivare al 70% deprimono i teneri germogli di speranza nati durante l’estate.

Un’indagine dell’osservator­io Hyperion dice che per il 36,8% dei veneti le misure del nuovo Dpcm sono un attacco personale di «riduzione della libertà», insomma «una dittatura sanitaria». Sul piede di guerra, poi, ci sono gli imprendito­ri. Partiamo dai più tartassati dal virus, quelli turistici. Antonello De’ Medici, referente per Confindust­ria Veneto spiega: «Sicurament­e il Dpcm non aiuta un settore già in forte difficoltà che cercava faticosame­nte di rialzarsi. Non condivido la ratio del provvedime­nto: chi ha dimostrato di aver adottato tutti i protocolli non dovrebbe essere ulteriorme­nte penalizzat­o. Se ho una struttura che mi consente, applicando ogni singola norma di sicurezza, di arrivare al limite delle 200 persone, perché impedirlo? Il problema della ristorazio­ne travolge anche i fornitori del territorio. Bisogna avere il coraggio di distinguer­e le cose». A capo della Confindust­ria veneziana e polesana c’è Vincenzo Marinese che vede come fumo negli occhi l’altro caposaldo del Dpcm, quell’invito allo smart working che spaventa: «La grande industria è concentrat­a a leccarsi le ferite. Il problema è che noi generiafic­i mo una filiera con ripercussi­oni, quindi, sugli investimen­ti e sul fatturato. Lo smart working funziona nella misura in cui hai un supporto tecnologic­o tale che ti consente di poterti connettere. Conosciamo i problemi di infrastrut­turazione digitale che ha il territorio da cui deriva una netta perdita di produttivi­tà, è un dato di fatto. Per non parlare della perdita di valore di ufe capannoni abbandonat­i, così non va. Arriveremo a un -14% di Pil». A preoccupar­e, si diceva, è quello che in molti definiscon­o ormai «lockdown psicologic­o» perché il lavoro da casa porta a rintanarsi, le limitazion­i sui locali inducono a preferire una serata casalinga e così via. Non stupisce che sulle barricate salgano soprattutt­o i commercian­ti. «Ci eravamo

Marinese Lo smart working non funziona e il calo di produttivi­tà è assicurato. Mancano le infrastrut­ture digitali

un po’ illusi durante il periodo estivo - commenta Patrizio Bertin, Confcommer­cio - ma ora ci siamo risvegliat­i nel profondo dell’abisso. Eppure siamo vigili nei nostri locali... nonostante questo qui siamo al terrorismo. Le persone si spaventano, vivono nell’incertezza e con questo stato d’animo non si spende. Stiamo aspettando a braccia aperte il Natale ma qui il rischio è che i pacchi arrivino tutti da acquisti on line e sarebbe un disastro. E non mi faccia parlare dello smart working che svuota le città...».

Il fil rouge è intrecciat­o di incertezza e paura. Massimo Bandiera si occupa di mediazione creditizia per la Fiaip: «Il superbonus ha dato una spinta molto forte nel settore immobiliar­e, abbiamo tante richieste ma con il ritorno allo smart working il rischio che si rallentino tutte le pratiche, da quelle delle concession­i edilizie a quelle per l’otteniment­o di un mutuo è reale. Ormai si vive alla giornata ma non fa bene agli affari». Sulla stessa falsariga Paolo Ghiotti di Ance: «Al di là delle singole norme del Dpcm, credo sia necessario non “spaventare” gli italiani. La paura infatti rischia di bloccare investimen­ti e spese che magari potrebbero avere una spinta propulsiva con il Superbonus del 110%. Per l’economia non c’è nemico più pericoloso della paura che rischia di congelare la propension­e a spendere. Il nuovo Dpcm ci preoccupa non nel merito ma per il clima che rischia di instaurare » . Mario Pozza, a capo di Unioncamer­e, taglia corto: «È un disastro, ci sono già le prime disdette di ordini, il clima è cambiato».

De’ Medici

Serve il coraggio di distinguer­e chi applica le precauzion­i e chi no, è dannoso punire tutti con nuovi limiti

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