Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)

La vicenda

- Alberto Zorzi

● Ieri c’è stata l’ennesima udienza del filone dibattimen­tale, in cui gli imputati principali sono proprio Donadio con i figli Adriano e Claudio e l’ex sindaco di Eraclea Mirco Mestre. In tutto gli imputati sono 46 di fronte al collegio presieduto da Stefano Manduzio

● In parallelo c’è poi un altro processo con il giudizio abbreviato di fronte al gup Michela Rizzi, con 26 imputati, tra cui l’altro ex sindaco Graziano Teso e l’avvocato di Donadio Annamaria Marin. I pm hanno iniziato la requisitor­ia e tra domani e giovedì chiederann­o le pene re i debiti con Antonio Buonanno nel 2013, grazie al prestito di mio figlio - ha raccontato - Li ho portati io direttamen­te a Casal di Principe e lui mi ha offerto la pizza perché era appena stato scarcerato». Con Donadio invece aveva un conto di 60 mila euro, chiuso nel 2014 con un’operazione – il finto acquisto in leasing di un mezzo – che gli è costata una condanna a un anno e 4 mesi per bancarotta a Padova. Quando al fatto per cui ha patteggiat­o, ha ammesso di aver presentato Donadio all’amico imprendito­re Vittorio Orietti per il suo credito e che poi quest’ultimo era andato dal debitore con uno degli uomini del clan, Girolamo Arena, che l’aveva minacciato («siamo i casalesi») e si sarebbe dovuto tenere la metà.

Il nipote di Donadio, Giacomo Fabozzi, in un dialetto napoletano spesso strettissi­mo («sembra di essere in un film di Troisi», è sbottato a un certo punto l’avvocato Rodolfo Marigonda), ha invece raccontato dei rapporti tra il boss e Fabio Gaiatto, il finto broker di Portogruar­o condannato a 10 anni per aver truffato 3 mila clienti. Tra questi Samuele Faè, faccendier­e (e anche lui imputato nel processo) che gli avrebbe affidato quasi 10 milioni di euro e che «con mio zio aveva quasi un rapporto tra padre e figlio». «Abbiamo incontrato più volte Gaiatto, ma lui diceva che stava facendo altre operazioni e non aveva liquidità», ha spiegato Fabozzi. Poi un giorno si presentano al punto Snai di Eraclea, di proprietà di Donadio, tre napoletani dicendo che erano casalesi e li mandava il boss Salvatore Iovine per dire che i 10 milioni di Gaiatto sarebbero stati loro. «Al che mio zio gli ha detto che lui Salvatore lo conosceva da quando erano bambini e ci avrebbe parlato - ha proseguito - Così siamo andati a Ostia e quando Iovine ha visto mio zio gli ha detto “ciao Lucia’, da quanto tempo non ci vediamo”. All’inizio disse che erano uomini suoi, poi quando mio zio fece i nomi disse che si sarebbe informato. Per me c’era qualcosa di strano». Alla fine ci sarebbe dovuto essere un accordo per fare fifty-fifty, ma Donadio venne a sapere che i napoletani qualche soldo l’avevano incassato dal broker. «Si arrabbiò», ha detto Fabozzi. Poi Gaiatto, nel settembre 2018, fu arrestato.

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In aula bunker a Mestre si stanno celebrando due processi al presunto clan casalese di Eraclea, guidato da Luciano Donadio
Vicine Un gregge di pecore strette le une alle altre, sorprese dalle copiose nevicate dei giorni scorsi sulle Dolomiti In aula bunker a Mestre si stanno celebrando due processi al presunto clan casalese di Eraclea, guidato da Luciano Donadio

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