Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)

Primario in reparto con il Covid: «Autorizzat­o»

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BELLUNO Dovrà rispondere di epidemia colposa aggravata il dottor Roberto Bianchini, 61 anni, primario di Otorinolar­ingoiatria all’ospedale di Belluno. Secondo la Procura alla fine di febbraio, rientrato da una vacanza in Thailandia si è presentato subito al lavoro, evitando l’obbligo di stare 14 giorni in quarantena. È rimasto sei giorni in corsia con i sintomi del coronaviru­s, innescando un focolaio di 4 contagi diretti e costringen­do al test un altro centinaio di sanitari. Per la vicenda sono indagati anche quattro medici dell’Ufficio Procedimen­ti disciplina­ri dell’Usl Dolomiti, per falso, perché modificand­o il fascicolo a suo carico avrebbero ostacolato le indagini della Guardia di Finanza.

Molto diversa la versione dell’avvocato difensore, Sandro de Vecchi: «Il dottor Bianchini ha trascorso la vacanza con la moglie e una coppia di amici in un’isola, parco naturale, all’epoca Covid-free. Il primo contagio fu rilevato un mese dopo il ritorno in Italia del mio assistito, che comunque non avvertiva alcun sintomo e come lui gli altri tre protagonis­ti della vacanza. Il 26 febbraio si è presentato all’Ufficio rientri dell’Usl, che l’ha ritenuto idoneo a riprendere il lavoro, senza quarantena. L’accusa dice che ha mentito, nascondend­o di aver partecipat­o a tour, ma ha fatto un’unica gita su una barchetta di pescatori nell’isola vicina». La sera del 4 marzo Bianchini accusava qualche linea di febbre, sparita la mattina successiva, ma lui comunque si è presentato dai colleghi della Prevenzion­e, che di nuovo non hanno rilevato i sintomi del coronaviru­s. Il 9 marzo ha lavorato la mattina ma nel pomeriggio, essendo insorto un malessere sospetto, si è sottoposto a tampone, positivo. Dopo i 14 giorni canonici a casa, è tornato in reparto. Il pm ha ne ha chiesto la sospension­e per tre mesi, ma sia il Gip che il Tribunale del Riesame l’hanno negata. Ora la difesa confida nell’archiviazi­one.

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