Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
L’impasse dei vigili non citati nel decreto
VENEZIA Ricevono la segnalazione dai cittadini e la passano alle centrali operative di polizia e carabinieri. Dall’approvazione del nuovo decreto con le nuove misure anti covid su mascherine e pubblici esercizi, i vigili a Venezia e Mestre non fanno multe. Perché non sono citati nel decreto tra le forze di polizia che all’articolo 11 sono incaricate dell’esecuzione dei provvedimenti. «Insieme ai comandanti della polizia municipale di altre città italiane abbiamo segnalato al ministero dell’Interno questa carenza – spiega il comandante Marco Agostini – Che ci espone a ricorsi o richieste di danni qualora una pattuglia chiudesse un locale per inosservanza dei dispositivi». A Padova e Verona la polizia locale sta procedendo come al solito ma si uniscono alla richiesta di chiarimenti al Viminale: i vigili possono efficacemente dare sanzioni per mancata mascherina, per uno spritz in piedi dopo le 21, per un locale chiuso perché all’una di notte ha ancora clienti? Della questione è stato investito anche il prefetto di Venezia Vittorio Zappalorto. «Ne ho parlato anche col sindaco Brugnaro: da marzo, nei Dpcm la polizia locale non è mai stata nominata; si parla solo delle forze di polizia statale. Perché si tratta di provvedimenti che riguardano lo Stato, mentre per i compiti della polizia locale vale la legge 65 — spiega - sarebbe pleonastico ogni volta citarla. Io mi sono sempre avvalso della polizia locale perché è estremamente preparata, capillare e all’altezza di esercitare il ruolo. E continuerò a farlo perché è indispensabile», assicura. «Noi stiamo effettuando i controlli nella maniera solita – spiega il dirigente della Polizia locale di Padova Lorenzo Fontolan – Ma è una questione da approfondire». A Verona i controlli continuano in base al decreto legge 19 che all’articolo 4 inserisce la polizia locale tra le forze dell’ordine ma anche loro chiedono sia chiarita l’ambiguità. (mo. zi.)
VENEZIA «Avevo visto che i pazienti che avevo trattato potevano avere un’evoluzione (negativa) in pochissime ore. Ed ero là che l’aspettavo anche per me». Si è contagiato mentre lavorava per salvare vite il dottor Maurizio Franchini. Era in prima linea nei mesi del lockdown al Covid hospital di Jesolo. «Sono uno di quelli che a inizio febbraio ha creduto alle opinioni di alcuni esperti nazionali che dicevano che si trattava di un’influenza – prosegue – ma ho cambiato presto idea. Mi ricordo l’ansia di quando una notte mi è salita la febbre. Ho salutato i miei familiari e mi sono isolato in una parte della casa. Un giorno, due, poi due settimane e la febbre non scende. Ero preoccupato per la mia famiglia e per me». Dopo aver visto i pazienti in rianimazione, le loro condizioni peggiorare velocemente, fino alla morte, non c’è un’altra parola per definire la sensazione: paura. Il dottor Franchini è guarito, ma quell’esperienza non la scorderà mai. Come non la scorderanno i 19 professionisti che hanno raccontato alla fondazione Ars Medica la loro battaglia, racchiusa in un videoracconto che verrà