Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
Le voci dei dottori in trincea «Ho temuto di non farcela come alcuni miei pazienti»
I racconti della pandemia diventano un video
proiettato alla decima edizione di Venezia in Salute. Voci dalla prima linea contro la pandemia, come quelle di Daniela Petta e Martina Ognuleye, giovani medici che in attesa di specializzarsi hanno dato la loro disponibilità a far parte delle Usca, le Unità operative che visitano i pazienti covid a domicilio. O come quelle dei medici di famiglia, la prima linea sul territorio o dei dottori dei pronto soccorso che si sono visti arrivare centinaia di persone potenzialmente contagiose.
C’è chi ha vissuto la battaglia nelle terapie intensive, come il dottor Giorgio Fullin, medico del reparto di Anestesia e Rianimazione dell’Angelo. «All’inizio non sapevamo che le protezioni e il modo di lavorare fossero quelli corretti – racconta - avevamo paura di contagiarci, portare il virus a casa. Le previsioni che giravano inizialmente erano ancora più drammatiche di quelle che poi si sono verificate: c’era il terrore di trovarsi ad affrontare una situazione con numeri che non saremmo mai stati in grado di gestire». Il dottor Fullin ha lavorato nell’ospedale che più di ogni altro, nel Veneziano, ha visto gli effetti del covid. «L’ospedale di Dolo, una volta individuato come Covid Hospital, ha chiesto rinforzi agli altri ospedali e io ho accettato. Il loro modo di lavorare era stato stravolto. Avevano occupato le aree degli ambienti operatori per sviluppare posti letto di terapia intensiva». C’è poi chi ricorda i mesi più duri ma con gli occhi fissi al presente per non distoglierli dalla seconda ondata ormai in corso. «La cosa più difficile era la gestione dei casi con strumenti che non sapevamo quanto fossero realmente efficaci – racconta il dottor Sandro Panese, direttore del reparto di Malattie infettive dell’Usl 3 – oggi non è cambiato molto: abbiamo farmaci che possono rivelarsi utili nel contrastare questa malattia ma non ne esistono di miracolosi. Spero che la gente si convinca che i fenomeni sono quelli che vengono descritti e che non ci sono complotti. E’ successo quello che è stato raccontato».