Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
Cona, l’ex prefetto Boffi condannato
Per il gup anticipò un controllo alla base dei migranti. Cadute le altre accuse
VENEZIA Pena di 20 giorni per rivelazione di segreto d’ufficio. Nel 2017, con una mail alla cooperativa che gestiva il centro per migranti, Boffi avrebbe avvisato dei controlli dell’agenzia Onu per i rifugiati. Il suo avvocato annuncia il ricorso. L’ex prefetto non mentì invece alla commissione d’inchiesta, questione per cui andrà a giudizio il suo vice di allora Vito Cusumano, oggi prefetto a Bolzano, assieme all’ex prefetto Cuttaia e al dirigente Spatuzza.
VENEZIA «Sono profondamente amareggiato, una condanna anche solo di un giorno è uno sfregio dopo una vita onesta e dopo aver sputato sangue per far andare le cose bene nell’interesse della collettività. Sono stato condannato per una mail che io non ho mai visto». Carlo Boffi, prefetto di Venezia dall’1 gennaio 2017 al giugno 2018, risponde al telefono con voce mogia pochi minuti dopo che il gup Francesca Zancan l’ha condannato a una pena di 20 giorni per rivelazione di segreto d’ufficio: il 22 marzo 2017, infatti, avrebbe inviato («o fatto inviare», come dice l’imputazione) una mail alla coop Edeco, che gestiva l’hub di Cona per i richiedenti asilo, che preannunciava la visita del giorno dopo di una funzionaria dell’Unhcr, l’agenzia Onu per i rifugiati.
Boffi è amareggiato, nonostante per lui siano cadute le accuse più gravi del maxiprocesso sulla gestione dei migranti nel Venezia, parallelo a quello che si sta svolgendo a Padova e sempre relativo alla coop guidata da Simone Borile e dalla moglie Sara Felpati. I pm Federica Baccaglini e Lucia D’Alessandro avevano chiesto una condanna a un anno e 4 mesi soprattutto per le accuse di falso in atto pubblico e falsa testimonianza, per aver prima scritto in una nota da lui firmata e poi detto a voce alla commissione parlamentare d’inchiesta sull’accoglienza dei migranti ( in un’audizione avvenuta il 20 gennaio 2107) che i controlli a Cona avvenivano senza preavviso. E anche la rivelazione di segreto è stata derubricata da dolosa a colposa. «Faremo sicuramente appello», dice anche il suo legale, l’avvocato Maurizio Paniz.
Per la stessa vicenda della commissione parlamentare è invece stato rinviato a giudizio Vito Cusumano, che all’epoca era il suo vice e che ora è invece il prefetto di Bolzano: sarà il tribunale collegiale di Venezia, nel processo che inizierà il prossimo 18 marzo, a stabilire se sia sua la responsabilità di quelle dichiarazioni, visto che Boffi era arrivato da pochi giorni. Cusumano dovrà poi rispondere anche lui di aver preannunciato più volte i controlli, vero «cuore» del processo: dello stesso reato sono infatti accusati un altro ex prefetto, Domenico Cuttaia e l’allora dirigente dell’Area Immigrazione di Ca’ Corner Paola Spatuzza. «Non c’era nessuna intenzione di agevolare Edeco - ha detto il difensore di quest’ultima, l’avvocato Alessandro Rampinelli - Lo Stato ha scaricato migliaia di migranti sulle prefetture, lasciando i funzionari abbandonati a gestire l’emergenza » . Il gup Zancan si è convinta che perlomeno su un altro filone l’anticipazione delle visite sia stata legittima: quella nelle strutture minori, come gli appartamenti. E infatti ha prosciolto due funzionari della Prefettura che di questo erano accusati, Rita Francesca Conte e Gabriele Ballarin. «Il giudice ha confermato che la mia cliente ha fatto il suo dovere», commenta l’avvocato di Conte, Alessandro Lison. «Assolto» anche Luciano Giglio, che in un solo caso, chiamato da un’operatrice di Cona, aveva avvisato che sarebbe arrivato. «Ma l’ha fatto mezz’ora prima e solo perché era stato contattato», commenta Pietro Speranzoni, legale anche di Ballarin.
L’altro filone riguarda Borile, Felpati e i loro collaboratori Gaetano Battocchio e Annalisa Carraro per i reati di frode in pubbliche forniture (di cui in parte è accusato anche il prefetto Cuttaia) e di truffa: secondo l’accusa i quattro avrebbero garantito meno operatori e personale sanitario di quanto stabilito dai capitolati e non rispettato le norme igienico-sanitarie. A giudizio anche il medico padovano Marco Arboit.