Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
POLITICA, DERIVA «PASTORALE»
Tra i cambiamenti che questa drammatica crisi ci consente di osservare c’è anche una nuova e preoccupante metamorfosi della politica, che definirei «politica pastorale». Numerosi interventi dei nostri rappresentanti istituzionali, infatti, richiamano le prediche paternalistiche dei curati di una volta, senza purtroppo averne l’empatia e il buon senso. Ecco allora il Presidente del Consiglio che raccomanda un «Natale di raccoglimento»; il Ministro della Salute che sta valutando quale sia il numero massimo o perfino ottimale di commensali con cui condividere i cenoni di Natale e Capodanno; il Governatore del Veneto che raccomanda «uno spritz in meno per evitare il lockdown». Questa metamorfosi, anche se non è certo limitata all’Italia, è rafforzata nel nostro Paese da due aspetti fondamentali. Li conosciamo, o dovremmo conoscerli, da ben prima della crisi pandemica, ma oggi li abbiamo davanti con sempre maggior forza. Il primo è l’incapacità di controllare e fare rispettare le leggi. Lo si vede in campo fiscale, dove l’incapacità di sanzionare gli evasori porta a normative cervellotiche che hanno l’unico risultato di complicare la vita ai contribuenti onesti.
Lo si è visto in questi mesi di emergenza: anziché poche regole semplici e chiare fatte rispettare con fermezza (si pensi ai famosi «assembramenti»), continui decreti e ordinanze che creano confusione e incertezza.
Il secondo aspetto è il rapporto tra diritti e doveri dei cittadini e responsabilità istituzionali. Il messaggio della politica, in vista delle festività natalizie, è che non «bisognerà fare come a Ferragosto» e che se i contagi torneranno a salire sarà, in definitiva, colpa dei cittadini irresponsabili. Non so dove fossero Presidente del consiglio e ministri a Ferragosto, ma quel che è certo è che non sono stati i cittadini a sottovalutare la possibilità di una seconda ondata, ma le istituzioni (al punto che il ministro della Salute aveva già in uscita un libro sull’uscita serena dalla pandemia). Se si ritenevano pericolosi questi comportamenti, andavano vietati e sanzionati.
Gli italiani hanno accettato e in larghissima misura rispettato (lo dicono i dati del Viminale) restrizioni eccezionali alla libertà personale mai sperimentate dopo la guerra (si pensi al coprifuoco). Queste restrizioni, sarà il caso di ricordarlo, sono misure temporanee che servono a dare il tempo alle istituzioni di prepararsi a rafforzare l’assistenza sanitaria, a organizzare trasporti e scuole più sicure, a consentire al maggior numero di lavoratori possibile di lavorare. Di questo dovrebbe occuparsi la politica, e non dei cenoni di Natale e Capodanno. La «politica pastorale» non è un dato pittoresco, ma il sintomo di una politica che sfugge dalle proprie responsabilità per scaricarle sempre sui cittadini.