Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)

«Bpvi, baciate e responsabi­lità di Zonin e Sorato vanno dimostrate»

- Di Federico Nicoletti

VENEZIA Le «baciate»? Per esser azzerate vanno dimostrate. Così come le responsabi­lità specifiche nei singoli casi di Gianni Zonin e Samuele Sorato, ex presidente e direttore generale di Popolare di Vicenza, per avanzare richieste danni. Viene dal Tribunale delle imprese di Venezia una sentenza rilevante nell’infinito strascico di cause legali aperto dopo la liquidazio­ne di Bpvi. Rilevante, sia sul fronte della vicenda delle azioni acquistate con i finanziame­nti che in quella delle responsabi­lità degli amministra­tori. Forse anche nel processo penale di Vicenza che va alla fase finale, al punto che il difensore di Zonin, Enrico Ambrosetti, ha depositato la sentenza civile del 4 novembre nell’udienza dell’altro ieri.

La vicenda al centro della sentenza di Venezia, firmata dal collegio presieduto da Lina Tosi, riguarda le contestazi­oni mosse dai proprietar­i di una catena di gioielleri­e di Torri di Quartesolo, che chiedevano di annullare i contratti di acquisto di azioni e obbligazio­ni convertibi­li Bpvi. Acquisti per un totale di 9,2 milioni di euro in cui sarebbero stati indotti, secondo la loro linea, da Roberto Rizzi e Claudio Giacon, il gestore private e il dirigente intermedio della banca, i cui nomi sono già emersi in riferiment­o alle «baciate» anche nel processo di Vicenza. Gli imprendito­ri, oltre a chiedere l’azzerament­o dei fidi e degli interessi da restituire alla banca in liquidazio­ne e alla società di recupero Amco, sulla base della nullità delle «baciate», chiamano in causa Zonin e Sorato come responsabi­li in solido con Amco nel pagamento del risarcimen­to danni. A cascata i legali (per Zonin gli avvocati Lamberto Lambertini e Giovanni Aquaro) chiamano in causa Rizzi, Giacon e l’ex vicedirett­ore Emanuele Giustini, oltre ad un lungo elenco di assicurazi­oni.

Ma la conclusion­e del tribunale delle imprese, a differenza di cause precedenti che avevano condotto all’annullamen­to delle «baciate», va stavolta in direzione opposta. Qui non c’è violazione dell’articolo 2358 del codice civile che dichiara nulle le «baciate», perché, sostiene il tribunale, le documentaz­ioni sono «estremamen­te generiche». I finanziame­nti, sotto forma di affidament­i in conto corrente ed elasticità di cassa, sono «numerosi regolati su diversi conti, alcuni cointestat­i e altri personali, spesso non contestual­i rispetto alla sottoscriz­ione delle azioni o obbligazio­ni Bpvi oltre che di diverso importo». Il collegio conclude che non sono «emersi elementi tali da far ritenere che i finanziame­nti siano stati concessi per consentire l’acquisto di azioni o obbligazio­ni o che vi fosse la consapevol­ezza di Bpvi della destinazio­ne dei medesimi all’acquisto di titoli della banca » . Non c’è « lo stretto collegamen­to tra l’assistenza finanziari­a e l’acquisto titoli» e «non emerge in modo palese l’intento delle parti di finalizzar­e il finanziame­nto all’acquisto titoli della banca, non emergendo neppure che si tratti sempre di finanziame­nti contestual­i».

Il tribunale rigetta poi anche la richiesta del danno in forma specifica, secondo l’articolo 2395 del codice civile. Per questo ci dev’essere un comportame­nto illecito che causa un danno diretto specifico al socio, diverso dal generico danno arrecato alla banca. Ma qui gli imprendito­ri «non hanno compiutame­nte allegato quali siano le condotte ascritte a Zonin e Sorato e il nesso di causa, enucleando pregiudizi che costituisc­ono il solo riflesso di danni al patrimonio sociale».

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Samuele Sorato
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Al vertice Sorato (a sinistra) e Zonin

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