Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)

Ikea chiude per ressa il centro storico come un formicaio

- di Pierfrance­sco Carcassi

PADOVA «Il numero massimo di persone consentite all’interno del nostro negozio è 1.107. Ci scusiamo per l’eventuale attesa». Firmato Ikea. A Padova, nel labirinto arredato del gigante svedese, alle 16 di ieri il limite scritto sui cartelli all’ingresso era raggiunto. E in fila per mensole, poltrone e suppellett­ili restavano ancora un centinaio di persone. Tra ciascuno due metri buoni di distanza. «Il negozio è chiuso per il momento», spiegava il personale ai continui nuovi arrivati. Tempo di attesa: sconosciut­o. Tanti clienti sgranavano gli occhi e giravano i tacchi. I più sfidavano l’incalcolab­ile. «Ho bisogno di un letto, ho appena cambiato casa», dice una ragazza padovana in coda con un’amica, poco distante da una coppia rodigina a caccia di lavandini. «Con distanziam­ento, mascherina e sanificazi­one delle mani non dovremmo correre rischi. Ma tocchiamo ferro». Allo stesso tempo, dalle dieci alle trenta persone aspettavan­o fuori dai grandi negozi dei parchi commercial­i, terreno di caccia di sconti, regali di Natale e qualche ora di libertà. «Potevamo comprare online ma abbiamo preferito farci un giro», motivano padre e figlio fuori da Mediaworld, tra le mani una telecamera di sicurezza per la casa. Dietro di loro un uomo con un cellulare nuovo: «Mi sono appena negativizz­ato, veda lei da quanto non esco di casa!». Una signora venuta da

Este aveva un’aria sconfitta: «Cercavo un pc in offerta, ma sono finiti ieri (venerdì, giorno del Black Friday, ndr)». Da Decathlon coda per qualche bonus bici e gli ultimi acquisti - sci esclusi - per una fuga in montagna; ma la paura di un lockdown si misurava con gli scaffali vuoti degli attrezzi ginnici da casa, andati a ruba.

Forse la stessa paura che ieri pomeriggio ha spinto migliaia di persone a infilarsi nelle vie del centro storico di Padova, alla ricerca di una normalità che non c’è. Lungo via Umberto I e via Roma c’era il mondo. Il popolo dello « struscio » , in ghingheri, quello dello shopping, con borse e pacchetti, quello degli artisti di strada e degli attivisti (da Save the Children agli animalisti), oltre a quello degli ambulanti e dei mendicanti. Le uniche distanze erano ai tavolini dei bar, occupati per metà dal popolo dell’aperitivo, metà da quello delle cioccolate calde. E poi, ogni bottega, una coda. Dai 10 minuti alla mezz’ora per entrare.

Ciascuno ai posti di combattime­nto: le signore davanti all’erborister­ia, le schiere di giovanissi­mi all’ingresso delle catene di abbigliame­nto. «Sono qui da più di venti minuti», ricorda con un sorriso un ragazzo in pole position per un paio di jeans, davanti a 30 persone. Poteva mancare il negazionis­ta a mascherina bassa? «I contagi sono tutte cavolate. Ma non mi faccia parlare...», mormora, mentre le persone in coda con lui al negozio di sneakers si girano esterrefat­te. Due commessi si dicono sollevati: «Altri giorni i clienti ci insultavan­o quando li bloccavamo per far rispettare i limiti di accesso. Oggi si sono abituati». Insomma, nei negozi tutto sotto controllo: «Fuori mi sembra di no - osserva un giovane carico di regali per tutta la famiglia - ma meglio un po’ di movimento che il deserto della zona arancione». Le file erano lunghe e distanziat­e, attorcigli­ate attorno agli stabili o ritte a tagliare la via. E quando sbarravano il passo a famiglie o gruppi di amici, il distanziam­ento si perdeva tra le luminarie e le vetrine. Se n’è accorto anche Alberto che con la chitarra cantava «We are the world» davanti al Pedrocchi, come al solito: «Sembra che la gente abbia meno paura del virus, sono più tranquilli».

 ??  ?? I centri storici Padova, in centro si incrociano i flussi di chi va a passeggio e di chi è in coda per entrare in un negozio ( foto Bergamasch­i/Fossella)
I centri storici Padova, in centro si incrociano i flussi di chi va a passeggio e di chi è in coda per entrare in un negozio ( foto Bergamasch­i/Fossella)

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy