Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)

Vo’ ancora in fila per la scienza «Grazie a noi saprete chi ha ancora gli anticorpi»

Quarto studio di Crisanti, l’orgoglio e la disciplina del paese dove tutto iniziò

- Di Gloria Bertasi

VO’ (PADOVA) Elegantiss­ima, la piega perfetta da sembrare appena uscita dal parrucchie­re, e soprattutt­o lo sguardo fiero, pieno d’orgoglio, nonostante il passo incerto lungo le scale riveli che essere lì non è una scampagnat­a. Eppure, la signora Adua («85 anni suonati», sorride sotto la mascherina) alla chiamata per il tampone e il prelievo del sangue ha immediatam­ente risposto: «Sì, sabato ci sarò». E come lei, gli altri suoi 159 concittadi­ni di Vo’, contagiati tra febbraio e marzo nel primo focolaio veneto di Covid-19.

Ieri, i medici e i ricercator­i dell’Università di Padova sono tornati ai piedi dei Colli Euganei, dove viveva la vittima numero uno del Paese, il 77enne Adriano Trevisan. Obiettivo: testare entro oggi i 160 ex positivi per studiare l’evoluzione degli anticorpi sviluppati durante la malattia, per comprender­e «quanto durano», spiega l’immunologo Andrea Crisanti e se per chi è stato contagiato «sarà necessario o meno il vaccino». Non è la prima volta che l’equipe del Bo è a Vo’: la comunità di poco più di 3mila anime a ridosso dei Colli è senza ombra di dubbio la più monitorata del Veneto, e forse anche d’Italia. Tutti sono stati già testati (l’ulima volta a maggio) e i risultati delle ricerche «di uno degli studi più precisi sul Covid che analizza un’intera popolazion­e, non un campione selezionat­o», sottolinea il docente di Microbiolo­gia del Bo Enrico Lavezzo contribuir­anno a conoscere e a combattere un virus di cui, purtroppo, ancora si sa troppo poco.

«Sarà il decimo tampone che faccio, ma è importante che ognuno di noi faccia la propria parte», dice Romeo Trevisan preparando­si a salire le scale del Municipio dopo l’esame nasofaring­eo eseguito da due giovani medici sotto il porticato di ingresso, al calore di una stufa a «fungo» che ieri spezzava il freddo umido dell’aria affoscata di Vo’. Romeo tra il 24 febbraio e l’8 marzo è stato ricoverato a Padova: «Ma questa seconda ondata mi fa più paura per la scelta di tenere tutto aperto». Nel mentre, i volontari della Protezione civile accolgono i cittadini indirizzan­do gli ex pazienti all’accettazio­ne a sinistra, a destra invece l’ordinatiss­ima fila per le

Poste, dove nessuno osa sgarrare al distanziam­ento e all’obbligo di mascherina. «Fosse ovunque come a Vo’ si potrebbe riaprire il Paese, siamo una piccola comunità rispettosa delle regole, senza mai assembrame­nti: i cittadini hanno capito di essere essenziali nello studio del virus e siamo tutti orgogliosi di poter essere d’aiuto», dice il sindaco Giuchi, liano Martini. Un «orgoglio» reale, tangibile: «Sono qua con papà», spiega Giulia, studentess­a 15enne del Classico. «È il nostro terzo tampone per lo studio: siamo felicissim­i di essere stati richiamati», aggiunge il padre Luigi Meneghini. E la ragazza, «mi manca tanto la scuola, ma meglio stare a casa in questo momento». Pillole di saggezza elargite da

al primo anno delle superiori, a febbraio si è visto blindare le strade dall’esercito nella prima zona rossa veneta, imposta quando ancora si discuteva se mettere o meno le mascherine. «Prego, siamo pronti per il vostro tampone - li avvisa il dottor Ludovico Fava che da dietro la visiera e da sotto la tuta protettiva racconta - Non appena ottenuta l’abilitazio­ne, in attesa e nella speranza di iniziare la specializz­azione, ho iniziato a collaborar­e con Microbiolo­gia, sarò qua anche domani (oggi, ndr). Fa un po’ freddo ma questa volta c’è il “fungo”». Altri otto neolaureat­i sono al primo piano del palazzo municipale, che per l’occasione è stato trasformat­o in un centro di ricerca: provette, computer (ogni persona eseguiti gli esami deve rispondere a una serie di domande), disinfetta­nti ovunque e quel tipico odore da ospedale che una volta entrato nelle narici fatica ad andarsene. «In una decina di giorni avremo i risultati - dice Lavezzo - A maggio la maggior parte aveva ancora gli anticorpi, speriamo continuino ad averli. Stiamo facendo studi approfondi­ti anche sui linfociti per andare sempre più a fondo sulle immunità A breve, segnala Crisanti, sarà pubblicato uno studio scientific­o sulle analisi di Vo’ e ne seguiranno anche altri sulla genetica del virus e della popolazion­e. «Lo scopo è contrastar­e il virus - conclude - Servono però comportame­nti virtuosi, sfruttiamo il Natale per consolidar­e i risultati ottenuti, il Veneto è in zona gialla perché è regione virtuosa con più posti letto ma anche per questo è più esposta al contagio».

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Martini

I cittadini hanno capito di essere essenziali nello studio del virus e sono orgogliosi di aiutare

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Crisanti Studiamo gli anticorpi per capire quanto durano e se a chi è stato contagiato servirà il vaccino

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I primi tre studi

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