Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
Il caso dalla denuncia di spacciatori arrestati
VENEZIA Due cellulari «spariti» nel nulla. Due cellulari che, secondo il racconto degli arrestati, sarebbero stati sottratti a loro, ma che non figurano nel verbale di sequestro. Parte da qui l’inchiesta della procura di Pordenone nei confronti dei cinque carabinieri del Nucleo Operativo e Radiomobile di Mestre e per questo non è contestato solo il reato di falso in atto pubblico (per il verbale), ma anche quello di peculato, che punisce il pubblico ufficiale che si impossessa di un bene di cui ha la disponibilità per motivi di servizio. Ovviamente per ora l’iscrizione è stata dovuta, viste le dichiarazioni accusatorie, ma la procura sta proseguendo nelle indagini e ha anche già interrogato alcuni dei militari alla presenza dei loro difensore.
A essere finiti sul registro degli indagati sono stati un luogotenente, tre marescialli e un appuntato, un paio dei quali sarebbero già stati spostati. Ovviamente l’inchiesta ha creato un certo imbarazzo nell’Arma e anche un po’ di fastidio per l’azione dei pm pordenonesi. Nel mirino è finito l’arresto di due presunti spacciatori avvenuto dalla pattuglia di cinque militari in borghese a Porto Santa Margherita, frazione di Caorle, il 16 febbraio scorso: un 34enne venezuelano e un 43enne colombiano, che erano stati trovati in possesso di 4 etti di cocaina e mille euro in contanti, oltre ai classici kit per il confezionamento delle dosi, a partire da un bilancino elettronico. I carabinieri di Mestre erano arrivati lì seguendo una pista che partiva dallo spaccio alla stazione di Mestre, scoprendo questo canale con il Veneto Orientale. Tutto era stato sequestrato, ma nel verbale non risultano i due smartphone, che di solito vengono analizzati per scoprire chi sono i clienti dei pusher e anche gli eventuali fornitori, tanto più in questo caso vista la rilevante quantità di cocaina rinvenuta.