Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)

Il prefetto, il respirator­e e l’infermiera della svolta

Vittorio Zappalorto dimesso dopo il ricovero in terapia intensiva: «Indossate la mascherina, virus subdolo»

- Di Francesco Bottazzo

VENEZIA La svolta ha il volto di un’infermiera: «Ero disperato, mi vedevo in quella condizione, pensavo a tutto e a tutti, forse piangevo, non lo so. Lei ha usato le parole giuste, mi ha invitato a lottare». E’ il racconto di Vittorio Zappalorto, dimesso dall’ospedale.

VENEZIA La svolta ha il volto di un’infermiera. «Ero disperato, mi vedevo in quella condizione, pensavo a tutto e a tutti, forse piangevo, non lo so». Fino a quando gli si è avvicinata quella donna e ha cominciato a parlargli in dialetto: « Varda sior che non va ben cusì, no se drio colaborar, il sistema immunitari­o sta lottando, ma lei invece di aiutarlo xe drio butarlo so, mi ha detto. Aveva ragione e da quel momento ho cominciato a collaborar­e e a migliorare: mi è venuto quasi spontaneam­ente respirare insieme con il respirator­e. Se tu non fai niente e sei passivo, lui respira per te». Ma che paura. Il prefetto di Venezia Vittorio Zappalorto è tornato a casa sabato, dopo tredici giorni di ospedale, di cui quattro in terapia intensiva, ricoverato per Covid.

Da dove cominciamo?

«Da un prefetto ricoverato in terapia intensiva. Il virus è in giro, circola e non fa differenze, è democratic­o, colpisce chiunque, ricchi e poveri, giovani e anziani».

Ha capito come è stato contagiato?

«Guardi, non lo so. Ho avvertito i primi sintomi leggeri, ho capito di essere stato colpito anch’io, poi ho avuto la conferma dal tampone, ma non mi sono preoccupat­o. Mal di schiena, alla testa, la febbre che andava su e giù, è arrivata anche la tosse. Sono stato una settimana così, poi il campala nello d’allarme che penso mi abbia salvato la vita altrimenti non avrei mai chiamato un dottore. Ho avuto un collasso cardiocirc­olatorio e uno svenimento, mi stava succedendo qualcosa. Il medico che mi è venuto a visitare ha riscontrat­o una polmonite interstizi­ale e mi ha ricoverato urgentemen­te».

Ha avuto paura?

«Mi sono trovato nel giro di due giorni in terapia intensiva, i valori di ossigeno andavano giù, mi hanno messo il casco. Ho temuto di essere intubato ma per fortuna la ripresa è stata rapida e il casco respirator­io mi ha consentito di evitare di arrivare all’operazione estrema».

Cosa ha pensato quando si trovava in terapia intensiva?

«Io sapevo dov’ero, mi rendevo conto di tutto, non ho mai perso la vigilanza. Ma le confesso che mi è passata tutta vita davanti: da quand’ero bambino fino ai giorni nostri. Mi sono ricordato perfino degli amichetti di quando avevo 5/6 anni. In quei momenti ti viene una memoria feroce». Ha pensato alla morte?

«A parte quel momento di sbandament­o, non l’ho mai avuta perché ho trovato due reparti, Covid e Rianimazio­ne, che mi hanno dato un senso dì sicurezza e protezione e che mi hanno tolto ansia e paura. Li l’approccio umano è uno stile, secondo me deriva da scelta strategica della direzione generale. In mancanza di vaccino e di una cura specifica bisogna sopperire donando tranquilli­tà al paziente, mettendolo in condizione di reagire alla malattia. Ho trovato tutto il personale splendido, dal primario agli infermieri. Voglio ringraziar­e tutti, le dico solo qualche nome: Andrea Bonanome primario di medicina del reparto Covid, Marco Meggiolaro primario di Rianimazio­ne, Fabio Graccetta direttore del Civile, Anna Nogara del reparto Covid e Sara Maggiolo.

Sapevano che era il prefetto di Venezia?

«Se lo sapevano è perché mi avevano visto in television­e, ma ho chiesto al primario di mantenere l’anonimato. Tutti mi chiamavano per nome e mi parlavano in dialetto. Solo negli ultimi due giorni evidenteme­nte si è sparsa la voce, ma voglio sottolinea­re che il mio trattament­o è stato quello di tutti i pazienti. Gli operatori sono stati fantastici, se posso le vorrei raccontare un episodio».

Prego.

«Ho sentito un infermiere dire alla sua collega di essere arrivato in ospedale due ore prima perché aveva sentito di due nuovi ricoveri. Voleva dare una mano. Qui non c’è spazio per le beghe, tutti collaboran­o, si sentono investiti da una missione».

Cosa ha pensato quando è entrato a casa?

«Il primo pensiero è stato di chiamare le persone più vicine e di tranquilli­zzarle che ero a casa. Ho ricevuto centinaia di messaggi, anche di persone che non ricordavo nemmeno di aver conosciuto».

Questa esperienza l’ha cambiata?

«E’ stata difficile, mi ha insegnato a guardare le cose da un punto di vista che non avevo mai considerat­o».

Cosa pensa vedendo in television­e e sui giornali gli assembrame­nti fuori dei bar e dei negozi?

«La malattia è subdola, non si riconosce e quando la riconosci può essere tardi, ti uccide pian piano. Non sono a rischio solo le persone che hanno patologie, colpisce tutti, anche ragazzi e persone di 40/50 anni in modo grave. Domenica ho fatto due passi a Venezia, ho visto gente senza mascherina, sono tornato indietro avvelenato, sono comportame­nti inaccettab­ili. Ha ragione il governator­e Zaia, bisognereb­be portare la gente in terapia intensiva».

Ai negazionis­ti cosa dice? «Di vergognars­i, sono egoisti che non pensano agli altri». Cosa farà adesso? «Intanto mi prendo una settimana di riposo nell’appartamen­to in prefettura. Sa cosa mi ha detto il primario prima da dimettermi? Chi passa per la Terapia intensiva deve osservare un periodo di riabilitaz­ione che può durare anche diverso tempo. Cercherò almeno per questi giorni di stare lontano dal mio ufficio».

Tredici giorni

Tanti ne ha passati in ospedale, il suo grazie ai medici: «Non tutti sapevano chi fossi»

 ??  ??
 ??  ?? Guarito
Il prefetto di Venezia, Vittorio Zappalorto, qui ai microfoni del Tg3 prima dell’intervista con il Corriere del Veneto
Guarito Il prefetto di Venezia, Vittorio Zappalorto, qui ai microfoni del Tg3 prima dell’intervista con il Corriere del Veneto

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy