Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
Ora a Venezia il crocierista entra dalla porta sul retro
Lo sbarco dei turisti delle grandi navi, che adesso fanno scalo a Ravenna o Monfalcone Gli operatori: «Noi, aboliti per decreto»
Turisti
smarriti e carichi di valigie, salgono e scendono dai pullman che li porteranno ai porti di Monfalcone, Trieste e Ravenna, da dove partono le crociere che un tempo approdavano a Venezia. Ora, a Venezia, ci si arriva dalla porta di servizio, il Tronchetto. «Ci hanno ammazzato per decreto» dicono i portuali.
VENEZIA «Qualcosa di divertente che non farò mai più» era la crociera ai Caraibi che lo scrittore americano D.F.Wallace fece e descrisse in un esilarante reportage apparso sulla rivista Harper’s alla fine degli anni ‘90. Si trattava della Carnival o forse della Royal Caribbean – le stesse navi che oggi servono Venezia – e non sembra che compagnia e passeggeri ne fossero usciti bene. Fatto sta che quella volta fu Wallace a decidere per sé e solo per sé – non fece più quella cosa divertente – mentre oggi è il Governo Italiano su suggerimento dell’Unesco a decidere che andare a Venezia in crociera non si può più: dal primo agosto la «cosa divertente» di passare davanti a Palazzo Ducale e attraccare alla Marittima è interdetta alle navi oltre le 25 mila tonnellate (le grandi da crociera lo sono tutte). Per tutelare la città i bastimenti faranno scalo a Ravenna, a Monfalcone o a Trieste da dove i passeggeri raggiungeranno comodamente Venezia in torpedone.
Ieri si è avuto un anticipo terragno di quel che sarà la vita futura del crocierista veneziano: a piedi, con le valigie e il biglietto in mano, pronto a salire su una nave. Solo che la nave non c’era, l’imbarco ieri lo si è fatto sui pullman, per chi veniva e per chi tornava. Ed era una scena pedonale quella di una moltitudine di crocieristi appiedati, sudati che, carichi come muli , invece di salutare Venezia dalla porta principale, entravano dal suo retrobottega al Tronchetto. Dicono che negli Usa le grandi compagnia abbiano già messo sull’avviso i clienti: attenzione signori che di Venezia voi vedrete prima il sedere.
Vabbene, ieri era una giornata particolare che neanche Scola, Venezia festeggiava il
Redentore ed era un delirio, fuori i prodromi della festa per la liberazione dalla peste del 1557 che nella notte sarebbero poi esplosa, dentro al porto i musi lunghi e la rabbia montante di chi si è visto togliere il lavoro un giorno per l’altro. «Aboliti per decreto, come fossimo un specie infestante», dice Luca Pitteri, direttore operativo della Coop Portabagagli, 33 dipendenti fissi, 100 stagionali che a dirla così sembra di parlare di facchini da stazione Fs mentre invece si tratta di una impresa che ha investito milioni in nastri di trasporto, elettrificato l’ettrificabile, un’azienda che ha in portafoglio contratti per 39 milioni di euro da qui al 2023 e che ora può buttare in canale. «Noi aboliti per legge - spiegacome sono stati aboliti i servizi ai passeggeri, il rifornimento nave, il trasporto bagagli e le tante società di studi, consulenza e progetto legati al turismo portuale, un indotto che messo insieme dava da mangiare a 4 mila persone. Con il decreto del 12 luglio il Governo ha dichiarato guerra al lavoro veneziano, lo ha fatto nascondendo la mano dietro la promessa irrealizzabile di uno scalo a Marghera, un crimine è stato commesso. Dove non è riuscito Napoleone è riuscita Roma su suggerimento dell’Unesco».
Luca Pitteri ha una carta alla parete e un gessetto rosso che muove come un generale sconfitto: «Questo gesso ha le dimensioni reali di una nave
Cosa dice il decreto Dal primo agosto non possono transitare in bacino di San Marco le grandi navi da crociera
"Il direttore delle coop Dove non è riuscito Napoleone è riuscito il governo
crociera, vogliono che passi di qua su un canale largo 50 metri quando la nave da sola ne misura 36, i rimorchiatori non riusciranno a tenerla dritta al minimo soffio di bora, dovrà viaggiare a senso unico per 30 chilometri senza incontrarne un’altra per raggiungere un approdo a Marghera dove non ci sono banchine, strutture di accoglienza, niente di niente. E niente si farà. Il Governo ha cancellato per decreto quel che c’era fissando con una X il costo delle conseguenze, ricollocazione, ristori, cassa integrazione. Non s’è mai visto il caso di una azienda abolita per decreto, non s’è mai vista ipocrisia più scandalosa di un Governo che strilla e si straccia le vesti per la Gkn di Firenze, 400 dipendenti, mentre uccide senza un’ombra di rimorso un settore turistico che a Venezia di dipendenti ne fa 4000».
Stefano Coccon della Cds Sdc Spedizionieri la mette così: «Qui si ammazza per far vivere Venezia. E’ questa la logica. Ed è questo che vogliono farci credere. Come se distruggere un tesoro patrimoniale di servizi, professionalità e conoscenze turistico portuali fosse il giusto obolo da portare con entusiasmo sull’altare della salvaguardia. Falso. Per la salvaguardia e per il lavoro. Si è deciso con emotività, lo si è fatto sulla base di slogan. Si vive alla moda mentre io devo dar da mangiare a 28 dipendenti».
In realtà, nel decreto governativo che dall’1 agosto stoppa le grandi navi ci sono sia i ristori (non ancora quantificati) che la promessa di riportare i «bisonti» a Venezia attraverso nuovi attracchi a Marghera, ma per questi pare servano almeno due anni. Per cui, appunto, qui nessuno si fida e c’è aria di morte. Il killer, il vero killer non sarebbe lontano. Verrebbe da casa, sarebbe in casa, con gli interessi locali dei proprietari di terreni a Marghera, i teorici della città museale e i volonteros i d i u n a laguna hollywoodiana da conservare sott’olio. Il «la», dicono, sarebbe venuto da un articolo apparso sul francese « Le Monde» il 5 giugno in cui si denunciava con sdegno il gattopardi smo venez iano. L’Unesco ha risposto, noi abbiamo obbedito.
Gli spedizionieri Qui si ammazza per far vivere Venezia