Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
«Ma noi ci aspettiamo un aumento dei ricoveri»
«Oggi gli ospedali non sono sotto pressione ma ci prepariamo a nuove ondate di ricoveri» dice Paolo Rosi (Unità di crisi).
«In questo momento gli ospedali non sono sotto pressione, però ci stiamo preparando, anche psicologicamente, ad affrontare una nuova ondata di ricoveri». Proprio in un momento in cui, tra vaccinazioni e bella stagione (almeno sulla carta), i medici potrebbero tirare un po’ il fiato, torna invece la massima allerta. La variante Delta, che secondo le previsioni del ministero della Salute tra meno di un mese dovrebbe interessare il 90% dei contagi e provocare in Italia 30mila nuovi casi al giorno, ha fatto scattare l’allarme generale anche nel Veneto. L’Rt, l’indice di trasmissione del virus, è schizzato a 1,17, addirittura più in alto rispetto all’1,12 di marzo, e l’incidenza a 26.7 positivi al Covid-19 ogni 100mila abitanti. Il che significa avvicinarsi alla zona gialla: ieri il bollettino regionale ha registrato altri 424 contagi e tre decessi, segnalando una ripresa dell’infezione che non si vedeva da maggio. In area medica i ricoveri salgono a 238 (+4), mentre in Terapia intensiva scendono di uno, arrivando a 17.
«L’anno scorso a luglio le degenze Covid erano praticamente azzerate, pur in assenza dei vaccini — ragiona Paolo Rosi, coordinatore dell’Unità di crisi — adesso invece ci sono pazienti gravi tra i 40 e i 50 anni non vaccinati.
Se è vero che in questa fase il virus colpisce soprattutto i giovani (l’età media è 20 anni in Veneto, 28 a livello nazionale, ndr), asintomatici o con sintomi non gravi, è altrettanto accertato l’alto rischio per chi non si immunizza. Degli ultimi sette ricoverati nelle Terapie intensive uno ha assunto la prima dose del vaccino tre mesi fa e non si è più fatto somministrare la seconda, e gli altri sei non hanno nemmeno iniziato il ciclo vaccinale. Hanno tra i 42 e i 50 anni e c’è pure un settantenne. Il problema è proprio questo — insiste Rosi — se i no vax restano molti, rischiamo una nuova ondata di ricoveri. Speriamo che se ne stiano a casa loro e, se escono, indossino la mascherina. Sarebbe criminale andare in cerca del virus». Secondo lo scenario peggiore tracciato dall’Istituto superiore di Sanità, nelle prossime settimane l’occupazione dei letti ospedalieri potrebbe aumentare in una percentuale compresa il 5% e il 10%. «Stiamo conducendo un monitoraggio quotidiano — ha spiegato il professor Silvio Brusaferro, presidente dell’Iss — ci sono due punti chiave che rendono incerta la stima. E cioé: non conosciamo l’effetto della variante Delta sulle ospedalizzazioni e dobbiamo capire come evolverà la trasmissibilità del virus legata ai comportamenti individuali». «Nell’estate 2020 la ripresa dei contagi avvenne a metà agosto — ha ricordato il professor Gianni Rezza, direttore generale della Prevenzione al ministero della Salute — siamo in anticipo di un mese. Allora i nuovi focolai erano dovuti in particolare a casi d’importazione, cioè a vacanzieri al rientro da Spagna, Croazia, Malta e Grecia. Oggi invece il virus corre di più: stiamo inoculando molte seconde dosi ma c’è un calo della domanda per le prime».
«Noi non abbiamo mai abbassato la guardia — assicura Rosi — le Terapie intensive sono tornate a regime, con 450 letti, e gli altri sono attivabili subito». Chiuse invece le Terapie Sub-intensive coordinate dal professor Andrea Vianello, direttore della Fisiopatologia respiratoria in Azienda ospedaliera a Padova e docente di Pneumologia dell’Ateneo cittadino, che illustra: «Nel mio reparto gli ultimi ricoveri, 20 giorni fa, hanno interessato cinquantenni che avevano rifiutato la vaccinazione. Ci troviamo in una situazione in cui la piramide che simboleggia il Covid-19, con i contagi alla base, i sintomatici al centro e gli ospedalizzati al vertice, si sta allargando al primo livello. Per l’effetto vaccinazioni e caldo ci vogliono più contagiati per avere sintomatici e ancora di più per arrivare a nuovi ricoveri. Ma se la trasmissione del virus continua con questi ritmi, è presumibile un aumento delle degenze nel giro di 15/20 giorni — avverte il professor Vianello —. Ancora non li vediamo perché si configura il solito intervallo tra contagi e sintomi e poi tra sintomi gravi e ricoveri, ma entro fine mese il primo segnale di una ripresa degli accessi in ospedale sarà la crescita di pazienti Covid nei Pronto Soccorso». Cosa ci dobbiamo aspettare? «Non posso pensare che si arrivi nemmeno lontanamente al livello delle ondate pandemiche precedenti — riflette il primario — credo che le cure intensive interesseranno meno pazienti e mi aspetto pochi decessi. Per due motivi: la variante Delta colpisce soprattutto i giovani, che anche nelle fasi più drammatiche dell’emergenza hanno mostrato una certa resistenza all’infezione. Nel mio reparto nelle prime due ondate abbiamo ricoverato quattro persone tra 20 e 30 anni su 600 degenti. E poi la vaccinazione è un filtro determinante per evitare le forme più gravi della malattia e la morte, ma è necessario estenderla alla maggioranza della popolazione».