Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
Addio a Leopoldo Pietragnoli testimone e narratore della città
Cacciari: un professionista incredibile. Costa: il più bravo
"Zaia Ha dato un importante contributo all’Ordine professionale per i più fragili: segno di spessore anche umano
VENEZIA Non aveva mai smesso di raccontare Venezia, la città che conosceva e amava tantissimo. E non aveva mai smesso, fino a quando la salute glielo aveva permesso, di insegnare a raccontarla ai cronisti più giovani e anche a quelli meno giovani, a cui mandava spunti e idee, sempre con un tocco di ironia. E’ morto a 81 anni il giornalista veneziano Leopoldo Pietragnoli, che ha trascorso gran parte della sua vita professionale al Gazzettino e che per decenni era stato «il» giornalista di Venezia.
Pietragnoli aveva cominciato presto a respirare l’aria delle redazione perché il padre Pio era stato direttore del settimanale diocesano «La Voce di San Marco» (oggi «Gente Veneta»). Leopoldo, dopo la maturità classica all’istituto Cavanis, si era laureato in Lettere moderne all’Università di Padova con il massimo dei voti. Nel 1966 era stato assunto al
Gazzettino e nel 1968 era diventato giornalista professionista. Nella redazione di Venezia aveva seguito tutti i settori, nel 1984 ne era diventato caposervizio. Ma le sue passioni erano la cronaca cittadina, la politica, la vita della città di cui è sempre stato un testimobastanza ne attento, libero, mai scontato. Dei tanti fatti di cui si era occupato, raccontava sempre di avere un cruccio: non essere riuscito durante l’alluvione del 1966 a far capire con le sue cronache il dramma del Cadore oltre i confini del Veneto. Il giornale non era mai stato abper esprimere la sua curiosità verso la città e per questo è stato anche autore di una quindicina tra libri e saggi legati sopratutto alla storia del Novecento di Venezia.
Quando era andato in prepensionamento nel 1995 aveva iniziato una «seconda vita» all’ufficio stampa di Ca’ Farsetti al fianco del sindaco Paolo Costa e poi come portavoce di Massimo Cacciari. «Ci legava una collaborazione ventennale, mattina e sera, e l’amicizia di una vita — dice Cacciari — un’amicizia vera che è continuata anche dopo, facevamo grandi rimpatriate a cena a Venezia con gli altri che avevano condiviso con me l’esperienza a Ca’ Farsetti. Era un professionista incredibile, un giornalista che sapeva anche scrivere. Perdo un amico». «Il più bravo — dice Paolo Costa con cui si frequentavano dai tempi in cui erano ragazzi — mai un passo avanti e mai uno