Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)

Zanin, il centesimo oro TOKYO 1964 «Volata da re, si piegò anche Merckx»

- Di Lorenzo Fabiano

Voleva fare il calciatore Mario Zanin, 81 anni, da Sarano a un passo da Santa Lucia di Piave, provincia di Treviso. Sua è la centesima medaglia olimpica italiana, oro a Tokyo 1964 nel ciclismo su strada. «Giocavo libero nel Conegliano e mi ruppi una caviglia. L’ortopedico mi consigliò la bici, vinsi qualche corsetta e mi misi a fare le cose sul serio».

Zanin, la prima vittoria importante in carriera?

«Il Giro del Lazio del 1962; il ct della nazionale Elio Rimedio mi portò in Francia al Tour de l’Avenir».

E poi?

«Nel 1964 vinsi il campionato italiano dilettanti. Ero un passista veloce, Rimedio mi portò al mondiale di Sallanches dove vinse Eddy Merckx e io chiusi al nono posto, primo degli italiani».

E quindi Tokyo...

«Ero in camera con Felice Gimondi, già allora serio e pacato, era concentrat­o sulla corsa, parlava poco. Io un allegrone, continuavo a scherzare e lo facevo diventare matto». Come andò in corsa?

« Eravamo io, Gimondi, Manza e Andreoli. I patti erano chiari; ci si aiutava ma poi ognuno, se ne avesse avuto possibilit­à, avrebbe provato a vincere. Eravamo in gruppo, all’ultima curva ci fu una caduta, Gimondi e Andreoli rimasero attardati, Manza aveva forato, toccava a me. Partii lungo e vinsi davanti a Kjell e Godefroot. Io primo e Merckx nono; parti invertite rispetto al mondiale. L’olimpiade era dura, quasi 200 km in un circuito di otto giri».

La sua carriera da profession­ista durò poco. Perché?

Trionfo Mario Zanin e la volata vincente sul traguardo di Tokyo nel 1964

«In una volata al Giro di Sardegna mi trovai chiuso e caddi. Riportai lo schiacciam­ento delle costole con tanto di sfregament­o pleurico. Tornai a correre ma non ero più quello di prima, ho vinto una tappa alla Vuelta, ma non valeva la pena andare avanti. Mi sono ritirato a 28 anni, nel 1968. Le classiche restano il mio unico rimpianto; senza quell’infortunio avrei potuto dire la mia».

Appesa la bici al chiodo, che ha fatto nella vita?

«Avevamo un’osteria a Sarano. Si chiamava Osteria da Tenno che in giapponese significa “Imperatore”. L’aveva chiamata così mio nonno in onore di Hirohito, l’imperatore del Giappone, che aveva visto in Libia quando aveva fatto visita alle truppe italiane durante la guerra. Viste le premesse, non potevo che vincere in Giappone e diventare io l’imperatore... In seguito abbiamo affittato l’osteria e per vent’anni io e i miei fratelli abbiamo gestito una pellicceri­a a Conegliano».

Ora si torna a Tokyo. Che corsa si aspetta, Zanin?

« Apertissim­a. Van Aert,

Alaphilipp­e e Van der Poel sono i favoriti, Van der Poel può fare doppietta strada e mountain bike e sarebbe da leggenda. Poi magari esce la fuga e mette tutti nel sacco».

Gli azzurri?

«Spero in Nibali. Nelle corse di un giorno può ancora dire la sua. A Rio fu sfortunati­ssimo, al Tour io l’ho visto pedalare bene, sta trovando un po’ la condizione».

Che effetto fa un’olimpiade a Tokyo, 57 anni dopo il suo giorno più bello?

«Mi emoziona. Gli amici mi hanno detto “Mario, che aspetti? Vai a Tokyo”. “Sì, ma a vedere la corsa, non a correre, eh...” ho risposto. E invece c’è la pandemia, tiferò Nibali davanti alla tv».

(in foto)

"

Il nonno aveva l’osteria da Tenno, significa imperatore in lingua giapponese: il destino...

 ??  ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy