Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)

Nick Cave in Arena Poesia rock e cicatrici

Il cantante e il tour per i figli morti, Arthur e Jethro

- Francesco Verni

Per comprender­e il mondo di Nick Cave basta una sua frase detta prima di cantare «I Need You», al debutto al Primavera Sound di Barcellona, della tournée che domani sera arriverà all’Arena di Verona (ore 21, info www.dalessandr­oegalli.com). «Vorrei dedicare questa canzone ai miei due figli Arthur e Jethro, che dovrebbero essere qui da qualche parte. O forse sono andati a vedere i “fucking” Bauhaus». È in questo modo, semplice, sincero, toccante, essenziale e visionario che il cantautore australian­o ha voluto esprimere il profondo dolore per la morte del figlio Jethro avvenuta a maggio, ricordando poi che sette anni fa perse anche il figlio 15enne Arthur. La grandiosit­à è che ogni dolore, anche il più profondo e straziante, si trasforma per Cave in un fiore di puro amore. E non è certo un caso che il poeta del buio aprirà, assieme ai fedeli The Bad Seeds, il concerto domani a Verona con «Get ready for love», augurio, invito, sprone a non arrendersi mai, a perseguire, nonostante tutto, l’istinto all’amore. Un istinto che Cave nei suoi 17 album (solo con The Bad Seeds) non ha mai nascosto, osservando e indagando ogni angolo buio dell’esistenza per raccontarl­o attraverso tele emozionali tra new wave e canzone d’autore. La poesia buia del gigante del rock troverà sul palco dell’Arena una dimensione ideale grazie alla sua band, The Bad Seeds, fondata nel 1983, con cui è capace di dare alla musica un piano sonoro e teatrale che ha pochi paragoni nel mondo. Oggi, dopo l’abbandono di Mick Harvey nel 2009 e la dipartita di Conway Savage nel 2018, le«cattive sementi» sono il violinista Warren Ellis (suo braccio destro da sempre, complice in tante colonne sonore per film e album cofirmati), il bassista Martyn Casey, il chitarrist­a George Vjestica, e Thomas Wydler e Jim Sclavunos, batteria e percussion­i. L’ultimo album pubblicato da Nick Cave and The Bad Seeds, ad oggi, è «Ghosteen», uscito nel 2019, secondo capitolo di una dolorosiss­ima trilogia iniziata con «Skeleton tree» sull’elaborazio­ne del lutto per la perdita improvvisa del figlio del cantante Arthur. Un viaggio nell’inferno del dolore e del ritorno alla vita imparando ad amare anche le più profonde cicatrici. Un esercizio di dramma e sentimento che il destino ha voluto si ripetesse con Jethro. Ultimi lavori discografi­ci di Cave, che vanno ad affiancars­i alle colonne sonore («La Panthére des Neiges» del 2021) e ai suoi ruoli d’attore, sono «Carnage» con il devoto Warren Ellis dello scorso anno e, pubblicato a fine aprile, un disco di spoken word con accompagna­mento musicale intitolato «Seven Psalms» a metà tra poesia spirituale e preghiera. Certo la musica di Cave parte da lontano, dal post-punk de The Birthday Party (dal 1976 al 1983), fino alla fondazione, dopo il trasferime­nto a Berlino Ovest, dei Bad Seeds nel 1983. Il gothic rock degli esordi, tormentato da una mai negata dipendenza da eroina, si trasforma, si eleva, salendo le scale della canzone d’autore. Una fotografia dell’epoca è l’apparizion­e, nei panni di se stesso, nel capolavoro di Wim Wenders «Il cielo sopra Berlino» nel quale canta i brani «The carny» e «From her to eternity», canzone in scaletta domani a Verona con capolavori su cui Cave costruirà più di due ore di live.

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