Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
Il nuovo Mereghetti «Dizionario dei film», edizione dei 30 anni Il critico del Corriere: «I film più belli sul Veneto e Venezia? Senso e Otello»
stelle e schede - hanno recuperato tantissimi vecchi film, riscrivendo da capo le schede che li riguardano e riempiendo le possibili mancanze delle filmografie. Dai primissimi film agli ultimi, aggiornati ai primi di settembre 2022.
Mereghetti, in trent’anni sono cambiati il cinema e il pubblico. Le sale soffrono.
«È cambiato tutto. E anche l’ambizione di questo dizionario è cambiata e cresciuta. Trent’anni fa voleva essere semplicemente una guida all’invasione dei film che uscivano sulle tv private. Poi pian piano ha avuto successo, non solo perché si è sempre ingigantito, ma perché a guidarmi è stato l’amore per la storia del cinema. Sappiamo benissimo che Kurosawa ha fatto I sette samurai e Rashomon. E poi? Abbiamo cercato di realizzare un’opera che ormai ha superato i confini che s’era posta».
Ha senso, visto che il cinema è così in sofferenza?
«Quello che spero è che questo sia un compagno per entrare all’interno della storia del cinema fin dai suoi albori. Ci sono tutti i corti di Chaplin, abbiamo aggiunto tutti quelli di Max Linder. Vuole essere una guida, spero affidabile, non solo per tutti i film che si vedono sulle piattaforme o al cinema, ma anche per quelli che hanno fatto la storia della Settima Arte».
Ma i ragazzi ce li vede a sfogliare il dizionario? Su Internet c’è tutto...
«Intanto non sono così sicuro che su Internet ci sia tutto. Le informazioni sono approssimative. E poi i ragazzi mi fermano per chiedermi i selfie, ahimè, ma anche per ringraziarmi di aver imparato tanto dal dizionario. Certo, finora è sempre stato di carta, perché la carta ti fa nascere tante curiosità. Per le prossime edizioni dovremo pensare a qualcosa di diverso. Abbiamo seguito mano nella mano i cambiamenti che ci sono stati in questi trent’anni. La nostra bussola è sempre stata la qualità cinematografica. Probabilmente bisognerà ripensare al rapporto tra streaming e sala, anche se resto convinto che i film vadano visti in sala, almeno quelli importanti. Non ho neanche paura del confronto con l’online: lì il discorso critico per capire valore e disvalore di un’opera non c’è».
È uno strumento solo per critici?
«Certo che no. Spero che il mio lavoro si rivolga soprattutto al pubblico curioso che vuole un po’ di informazioni in più. All’inizio i riassunti avevano quattro righe, ora sono certosini. Sfido a trovare la
Luchino Visconti, 1954. Con Farley Granger e Alida Valli. Nella foto grande «Pane e tulipani», 2000
Orson Welles, 1952. Il regista nei panni del Moro, Gran Premio per il miglior film a Cannes
Mauro Bolognini, 1986. Con Laura Antonelli, Monica Guerritore, da un anonimo del ‘500
Jon Watts, 2019 Tom Holland tra le calli e in equilibrio sul Ponte di Rialto stessa accuratezza che abbiamo noi nel riassumere le trame dei Supereroi Marvel o Dc».
Cosa guarda al cinema?
«Di tutto. Quello che mi piace di più, però, è rivedere i vecchi film, alla faccia dei maniaci del “no spoiler”. La trama la conosco a memoria, ma vuoi mettere il piacere di rivederli ed entrare nella sceneggiatura, nelle inquadrature: non ha pari».
Cosa rivede?
«Ho una passione per il western, perché la mia generazione è quella, per cui Un dollaro d’onore sicuramente. In generale mi piace molto rivedere i film di John Ford, L’appartamento di Billy Wilder, l’altro giorno ho rivisto per l’ennesima volta Cantando sotto la pioggia, e non posso fare a meno, una volta al mese, di rivedere Notting Hill. Ci sono dei registi che si prestano a essere rivisti, altri meno».
Per esempio?
«Kubrick non è un regista che hai voglia di rivedere. Wilder e Ford sì».
Facciamo un gioco. Film ambientati a Venezia. Promossi e bocciati.
«Promossi: Senso di Luchino Visconti, Otello di Orson Welles e Pane e tulipani di Silvio Soldini. Riserva, e stupirò qualcuno, La Chiave di Tinto Brass, che non era male. Bocciati: Spiderman - Far from home, La venexiana di Mauro Bolognini, Yuppi du di Adriano Celentano, che è veramente brutto. E come riserva Cappello a cilindro con Fred Astaire, dove a un certo punto si vede una gondola e qualcuno sole mio. Una scena che fa accapponare la pelle».
La visione va fatta in sala I ragazzi mi chiedono i selfie e mi ringraziano perché con le schede imparano la storia
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